Immagini: sx – collezione privata, dx: Nash72 – Flickr
Sarà un luogo comune, ma a volte ci accorgiamo di certe persone e della loro importanza solo quando non ci sono più.
La maggior parte di voi, soprattutto chi non vive o non è vissuto a Roma considererà questo post come l’ennesima notizia da sottoporre al vaglio del Grande Capo Estiqaatsi, ma mi vorrete perdonare se mi dilungo un po’ sul fatto, che – non lo nascondo – mi ha colpito.
Ci ha lasciato per sempre, un paio di giorni fa, in una clinica di Tivoli dove era stato recentemente ricoverato per un ictus abbastanza grave da togliere buona parte delle speranze. Il suo nome è Remigio Leonardis, classe 1943, ma questo l’ho saputo dalla cronaca locale. Per quasi 30 anni l’ho sempre conosciuto come “Remigio“.
Chi in quest’arco di tempo si sia mai trovato a passare per Piazza Barberini, estate o inverno, sole o pioggia, certamente non potrà non averlo notato: era sempre lì, giacca e cravatta, oppure una felpa, dei mocassini comodi, calzini colorati e gli immancabili “accessori” che lo contraddistiguevano. Una cuffia in testa, oppure degli auricolari, qualche volta uno di quei cerchietti con le antennine a molla e delle stelline in cima. La cuffia o gli auricolari avevano una particolarità: non erano collegati a nulla, perchè la musica sulla quale ballava (sì, perchè ballava) era nella sua testa, veniva dal suo cuore.
Qualche volta teneva in mano una bacchetta, un ramo, un bastone, con cui dirigeva la sua orchestra immaginaria, dove gli strumenti erano le macchine, gli autobus, i taxi, le moto ed i pedoni che – senza soluzione di continuità – giravano intorno alla piazza che era il suo palco ed il suo podio.
Capitava anche che si appendesse al collo dei cartelli, che poi erano i suoi “manifesti”, le cose che lui riteneva degne e meritorie di pubblicazione, e la sua, nel complesso era una vera Arte.
Su di lui, su chi fosse e sul perchè vivesse così sono girate tonnellate di “leggende metropolitane”: l’unica cosa certa è che non era “il solito sbandato”. Viveva in un attico dalle parti dell’Appia Antica, dove tornava ogni sera, e disponeva di abbastanza denaro da vivere solo per la sua Arte.
Aveva un’immensa voglia di comunicare, era sufficiente agganciare il suo sguardo e sicuramente un messaggio arrivava: poteva essere un insulto, un grido, un sorriso, un saluto, un rapido passo di danza dedicato allo spettatore (lui diceva sempre “io sono tersicoreo”). Spesso spaventava a morte i turisti che si avvicinavano alla fontana, perchè gli arrivava addosso urlando salvo poi fermarsi ad un metro, inchinarsi, e rivolger loro un sorrisone sdentato che faceva cadere ogni difesa.
Nemmeno le comitive di “pischelli”, notoriamente rompicoglioni, avevano il coraggio di dargli fastidio o di prenderlo in giro: non perchè fosse minaccioso, ma perchè proprio non te la sentivi: era un personaggio, un’istituzione, un pezzo di storia della Città.
E soprattutto, esprimeva i suoi pensieri (mai sgradevoli ne’ fastidiosi) con la gioia e la poesia di un bambino: credo che l’ammirazione ed il rispetto che suscitava fossero dovuti in primo luogo a questa caratteristica.
Perchè Remigio in fondo era questo: un bambino libero di prendere l’autobus e andare a “lavorare” a Piazza Barberini. E io lo ringrazio per il suo lavoro, nonchè per avermi aspettato ogni giorno che passavo di lì ed avermi rassicurato con la sua presenza. Se fosse sparita la fontana del Tritone ne avrei sentito meno la mancanza.
Si è inchinato verso di noi per l’ultima volta, due giorni fa. Io sto ancora applaudendo, ma il sipario non si riapre.
mai visto, “bazzicavo” altri posti .
…e te sei persa qualcosa, Francè… 😉
lavoravo in via Nazionale,vicino la banca D’Italia 🙂
Piazza Barberini non mi è mai piaciuta, nemmeno via Veneto se è per questo… Troppo scure, depresse, con le auto che la circondano e lo smog che risale da via del Tritone. Ma il matto, uno dei primi ricordi che ho di questa città e di quando ci sono arrivato, era un’altra cosa. Metteva colore in tutto quel grigio e quando aspettavo per infilarmi al cinema lì accanto rimanevo sempre affascinato nel guardarlo ballare, muoversi, parlare alla fontana del tritone (la sua interlocutrice, la sua vera amante) in mezzo alla piazza.
Peccato, toccherà aspettare il prossimo matto. Ma in questo paese in cui la pazzia regna sovrana per i matti come Remigio non c’è più spazio…
Caro AlbertOne,
come ho avuto modo di rispondere su notransenna io ho salutato su 06 il nostro amico, so che tu non bazzichi più certi ambienti, ma quando ci sono io puoi fare un eccezione 🙂
http://www.06blog.it/post/9519/ciao-matto-roma-era-pazza-di-te
Rondòoooo !!!
Fatto. Ma solo perchè è “06” e solo perchè sei tu 😉
Grazie per l’articolo su 06 e grazie per il saluto qui… A presto !