Gattaca (1997) ovvero quando la scienza sbaglia

Alcuni film non sono solo spettacoli fini a se stessi, ma aiutano anche a riflettere, e questo è uno di quelli. Meravigliosa metafora sulla vita, questo film malinconico, che si riscatta sul finale, è una coraggiosa e incoraggiante esortazione a non arrendersi mai, neanche davanti ai propri limiti. Soprattutto se imposti da altri. E mette anche in discussione l’infallibilità della Scienza. La vicenda è ambientata in quello che nel 1997, quando il film è uscito, poteva sembrare un futuro non troppo lontano, e che adesso sembra tragicamente vicino e rende la pellicola drammaticamente attuale. Premetto subito che parlerò diffusamente della trama di questa pellicola, cercando di rivelare il meno possibile, perché più del suo indubbio valore artistico, mi preme il suo contenuto.

Siamo in un mondo del futuro, in cui, grazie ai soliti sorprendenti successi compiuti dalla Scienza, l’umanità è divisa in due categorie ben distinte: i validi e i non validi, dove i primi sono individui geneticamente programmati, tramite un’attenta selezione del DNA, per essere sani, immuni da malattie o invalidità di qualunque tipo, in una parola perfetti; gli altri invece, i non validi, sono concepiti come noi, col metodo tradizionale, lasciando quindi al caso e alla fortuna l’esito del concepimento. Ai validi sono riservati i posti di maggior prestigio nella comunità, mentre ai non validi vengono assegnati i lavori più umili, relegandoli di fatto ai margini della società. Abbiamo quindi una divisione della società tra individui, diciamo, di serie A, a cui tutto è permesso, e individui considerati di serie B, a cui molte opportunità sono di fatto precluse; la distinzione non è fatta sulla base del livello di istruzione o di abilità individuali, ma esclusivamente in base al corredo genetico.

Seguiamo la storia di Vincent, un giovane e ambizioso ragazzo, nato da una gravidanza naturale, e quindi destinato ad essere un non valido. Alla nascita gli viene diagnosticata una probabilissima (ma non certa!) cardiopatia, che dovrebbe portarlo alla morte prima dei trent’anni. Per non correre il rischio di avere un altro figlio con problemi di salute, i genitori ricorrono alla scienza per il secondo figlio, Anthony, che nasce quindi sano e perfetto. Crescendo accanto a lui, Vincent avrà sempre la sensazione di essere imperfetto, si troverà in ogni momento di fronte all’evidenza dei propri limiti, e farà di tutto per superarli. Ma ad un certo punto abbandonerà la famiglia, perché avrà la netta sensazione di essere un “fallimento annunciato”, quindi non amato.

Fin da piccolo Vincent sogna di diventare un astronauta, in una società in cui i viaggi spaziali sono ormai cosa normale, e una volta cresciuto prova ad entrare a Gattaca, l’ente aerospaziale che organizza le missioni interplanetarie. Nonostante sia teoricamente molto preparato, viene scartato per via del suo corredo genetico. Riuscirà a entrare comunque a Gattaca, ma come addetto alle pulizie, l’unico lavoro che gli consente la sua posizione di non valido, tracciata in modo indelebile nella sua identità digitale.

Le sue aspirazioni sembrano irrealizzabili, finché sulla sua strada non compare Jerome, un ex atleta di natura superiore, nato da un’accurata selezione genetica, che si trova però impossibilitato a condurre un’esistenza normale, in seguito a un incidente che lo ha paralizzato. Quest’ultimo è disposto a vendere il proprio patrimonio genetico (fornendo sangue e urine per superare i controlli) e Vincent si sottopone a complicate e dolorosissime operazioni per assomigliare il più possibile a lui fisicamente. In questo modo riesce a passare per valido, e ad entrare a Gattaca come astronauta, con una nuova identità. Dunque Vincent, l’uomo delle pulizie, improvvisamente deve scomparire.

Le cose sembrerebbero funzionare, ma invece si complicano. Perché da questo momento il film prende la strada del thriller, con un omicidio in cui la ricerca del colpevole si baserà sul ritrovamento di un DNA sospetto. Ma il film si colora anche di rosa, mostrandoci la storia d’amore tra Vincent e la collega Irene, ossessionata da un difetto cardiaco e convinta che lui sia un uomo perfetto. E poi ancora, un colpo di scena dietro l’altro, tra inseguimenti, controlli a sorpresa, visite mediche al cardiopalma, in ogni istante lo spettatore non può che identificarsi con Vincent (anche perché noi, come lui, siamo nati imperfetti) e sperare che riesca a realizzare il suo sogno, trattenendo il respiro ad ogni controllo. E prima della fine, prima di quel poetico finale, che ci riempie il cuore di speranza e ci dà la sensazione di aver vinto, insieme a lui, la sua battaglia, ci sarà ancora spazio per un ultimo sorprendente colpo di scena.

Mi sono dilungata sulla trama, evitando i particolari più salienti, perché vorrei incuriosire chi non conosce questo film, a guardarlo. Primo, perché è davvero bello, regia e sceneggiatura sono di quell’Andrew Niccol che l’anno successivo firmerà la sceneggiatura di The Truman show, altro film che ha anticipato la realtà in maniera quasi profetica. Secondo, perché si ha la possibilità di ammirare Ethan Hawke in una delle sue migliori interpretazioni, accanto alla bellissima Uma Thurman, con cui allora era felicemente fidanzato, e Jude Law, ancora giovane e acerbo, ma già promettente. Ultimo, last but not least, per il messaggio che il film propone, e che va, a mio avviso, ben ponderato.

La Scienza, la medicina in particolare, si scontra qui con la sua inesattezza, con il suo essere probabilità, non certezza. Vincent nasce con un rischio di cardiopatia del 99%, ma quell’uno per cento, trascurabile per la statistica, è vitale per lui, perché segna il confine tra la vita e la morte. E’ bene ricordarsi che non siamo decimali in una statistica, ma ognuno di noi è un essere umano, con un corredo di sentimenti, emozioni, capacità e passioni, assolutamente unico e irripetibile. Vincent non solo non muore e supera i trent’anni di vita pronosticatigli alla nascita, ma riesce a dimostrare un’efficienza superiore alla media, ed è animato da una irrefrenabile brama di vivere. Jerome, invece, programmato geneticamente per essere superiore, si scontra con l’imprevedibilità del destino e con un totale disinteresse per la vita.

Cosa ci dice questo? Che non si può ridurre la vita umana a un’equazione, che il corpo non è una macchina. E soprattutto che la scienza può sbagliare, non è meritevole di una fede cieca. Vincent, scartato come un pezzo difettoso, dimostra a tutti, soprattutto a suo fratello e naturalmente a se stesso, che l’uomo è qualcosa di più che un ammasso di cellule ben combinate dalla natura o programmate da abili genetisti. Perché la forza di volontà può superare qualunque limite, e lo spirito, il coraggio e la forza d’animo valgono molto più di un corpo perfetto. Ricordiamocelo sempre, al di là delle vicende del film, ogni volta che ci sentiamo ripetere di affidarci alla scienza, come fosse una specie di entità superiore simile a una divinità. Ricordiamoci che la scienza non è infallibile, soprattutto la medicina. Nessuno qui vuole negare i progressi compiuti, che hanno allungato la vita media e migliorato di molto la sua qualità, ma non vanno dimenticati (come qualcuno vorrebbe) i suoi fallimenti. Il nostro passato prossimo, e purtroppo anche il nostro presente, sono costellati di errori madornali, spacciati per certezze scientifiche.

Infine, per chi non amasse la fantascienza, vorrei sottolineare che non ci sono macchine volanti, spade laser o capsule di teletrasporto: a parte il discorso della programmazione genetica degli esseri umani, il film ha tutto l’aspetto di una normale pellicola ambientata in un futuro molto, ma molto vicino e, mai come oggi, fin troppo realistico. E comunque è anche un bellissimo film.

3 pensieri riguardo “Gattaca (1997) ovvero quando la scienza sbaglia”

  1. Visto e rivisto più volte.
    Merita ogni apprezzamento anche sul piano della fotografia, della scenografia e della colonna sonora.
    Miccol ha provato a ripetersi, ma -mi pare- che nei sui film successivi ci sia sempre qualche elemento mancante.

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