Illustrissimi,
vi avevo mollato venerdì con un altro post della serie “i cazzi vostri”, e sono come sempre lusingato dall’ attenzione che avete voluto ad esso riservare. Mi rendo conto che come tutte le domandone (questo anche più degli altri a dire il vero) fa nascere a sua volta altre domandone e nella fattispecie, come fa notare il buon Walter, la mia esposizione lasciava parecchio a desiderare quanto a completezza delle informazioni.
Si impone pertanto un’ integrazione, quindi preparatevi psicologicamente ad un altro superpippone dei miei. A dire il vero l’argomento non si esaurisce manco con questo, però vediamone qui un aspetto particolare.
Dunque avevo affermato che il mio obiettivo è quello di non farmi rompere i coglioni, avevo specificato che nonostante vi lavori da anni questo è ancora lungi dall’ essere raggiunto, ed avevo affermato di avere un “piano”. Cerco di raccontare le basi di questo “piano”, e parto da lontano.
L’ ultimo album registrato in studio dai Beatles (“Abbey Road”, quello della camminata sulle strisce) si chiude con un pezzo a me particolarmente caro, oltre che ricco di significato se si tiene conto del contesto: “The End”. Questo brano ha in effetti una sola strofa che recita: “…and in the end, the love you take, is equal to the love you make“.
Credo che nella sua semplicità ed immediatezza questa sia la più grande in assoluto fra le molte “verità” a vario titolo cantate dai “Fab Four”: fa il paio nel mio immaginario personale con una molto meno nobile “tagline” dal film “L’ Educazione Siberiana” (che però non ho visto): “un uomo non può possedere più di quanto il suo cuore non sia disposto ad amare“, ma questa è un’ altra cosa, da tenere da parte per altri argomenti. Torniamo quindi a noi.
E’ vero questo, ed è vera anche la reciproca. Inoltre, alla parola “amore” possiamo sostituire tranquillamente altri nomi, come “attenzione”, “dedizione”, “ascolto”, “denaro”, praticamente ogni cosa possa essere oggetto di scambio, morale o materiale che sia. Il risultato di un lavoro dipende dall’ attenzione che gli viene data, la gente ci ascolta se noi ascoltiamo e via così. Ovviamente stiamo parlando del quadro generale, di una “media” di tutte le entrate e di tutte le uscite di qualsiasi “valore” mettiamo nell’ equazione. A volte è necessario introdurre valori suppletivi o integrativi, e la fatica in fondo è tutta lì.
Esempio pratico: questo Blog proprio questo qui presente. E’ un blog come ce ne sono milioni nel Web, di suo non ha niente di speciale: la grafica non è delle più accattivanti (in fondo è un abusato e anche antico tema di WordPress), non si può dire che “catturi lo sguardo”. Dopo il fortunato triennio della sua fondazione, quando i post e i commenti hanno cominciato il loro calo fisiologico (per tutti i cazzi che abbiamo già detto), è rimasto sopito per un bel po’. Semplicemente perchè “non diceva più niente”: anche se qualcuno passava una, due, tre volte senza vedere niente di nuovo alla fine si rompeva il cazzo e andava altrove (il Web è grande, giustamente). Se il mio obiettivo era (come è) quello di farmi ascoltare, dovevo innanzitutto ricominciare a parlare. E così ho fatto. Ma cosa dire ? Solo i cazzi miei ? I miei deliri ed i miei sbroccamenti ? Ci voleva l’ integrazione: e così ho cominciato ad “ascoltare”, cioè a leggere tutti voi. Ascoltare mi ha dato (e mi dà, questo post ne è un esempio nell’ esempio) temi di cui scrivere (ed essere ascoltato a mia volta) e da lì è stato possibile ricostruire lo spirito iniziale del Blog: se tutti parliamo e tutti ci ascoltiamo, funziona. L’ impegno nello scrivere deve essere globalmente pari a quello nel leggere.
Alla fine si tratta di “equilibrio” (e già vedo Lezzy annuire dalla sua mitica veranda).
Che cazzo c’entra questo col non farsi rompere le palle ?
C’ entra, c’entra… (“c’entra perchè ce càpe” diceva la mia saggia bisnonna assieme ad altre dotte citazioni tipo: “E mò ? E mò Moplèn”, ma non divaghiamo).
Alcuni dei pilastri sui quali si basa la “strategia per non farsi rompere i coglioni“:
- riconoscere e classificare i rompicoglioni (fondamentale, non tutti ne sono capaci all’ inizio, ma è una cosa che si impara col tempo);
- individuare fra questi i rompicoglioni strettamente indispensabili (parliamo di 1/6 persone al massimo tutti compresi, anche l’ Amore della vostra vita , i vostri figli o il vostro più stretto parente o più caro amico/a prima o poi saranno dei rompicoglioni) ed escluderli dall’ equazione: inutile perdere tempo, quelli ce li siamo voluti, ci toccano e ce li teniamo;
- per tutti gli altri (resto del mondo tangibile) stabilire mentalmente un “livello di scambio accettabile”, con la massima sincerità ed onestà, e poi attenervisi strettamente. Non offrire più di quanto non si sia disposti a dare, non richiedere più di quanto non si sia disposti a restituire. Ad esempio, non chiederò mai un favore a qualcuno che so già che mi si “accollerà” e non offrirò mai un aiuto a qualcuno che so già che non voglio vederlo nemmeno in cartolina. Sempre usando la metafora del Blog, quando per esempio offro il mio aiuto riguardo certi temi su queste pagine, lo faccio perchè so che lo sto offrendo ad una “platea” già naturalmente selezionata e perchè so di poterlo fare. Quando scrivo qualcosa di “mio” è perchè so già che verrà letta, per lo stesso motivo di cui sopra;
- messi in pratica i punti precedenti (e questa è la parte difficile), tenere costantemente d’ occhio i “valori” dei membri dell’ equazione, che deve sempre rimanere in equilibrio per buona approssimazione (degli sbilanciamenti temporanei sono sempre accettabili). Appena qualcosa tende a “sbilanciare”, correggere immediatamente, perchè gli sbalzi hanno la brutta abitudine di cronicizzarsi ed amplificarsi con progressione geometrica.
Per portare avanti questo metodo sono necessarie una forte dedizione e molta attenzione: alcuni aspetti diventano automatici col tempo, ma certi vanno seguiti ogni giorno. E la cosa non è scevra da sacrifici rispetto ad una vita considerata “normale”. Avverto subito che il primo effetto collaterale è una certa forma di asocialità, ed il secondo è quello di essere considerati delle merde. Se questo non vi fa paura, siete sulla buona strada 😉
Nel perseguire questo obiettivo, nel tempo (non dico niente di nuovo ma è per riassumere), ho per esempio abbandonato molti anni or sono un “posto di lavoro” sicuro e garantito che ad oggi mi avrebbe fruttato un lordo mensile di circa 5.000 euro ed una altrettanto sicura e garantita pensione, nonchè corposo TFR fra una decina d’ anni per non parlare di tanti piccoli e grandi privilegi trasversali. Sempre per esempio, i parenti che ancora mi rivolgono la parola sono in tutto cinque (su famiglia numerosa). Sempre per esempio, so di poter contare veramente (in senso estremo) su quattro persone in tutto me compreso. Poi ci siete voi, lo so, ma con voi è tutto “aperto”, ed è un altro discorso.
E se qualcuno pensa che io sia una merda, ha ragione, l’avevo già pubblicamente affermato. Ma sbaglia (e di grosso) chi pensa che io sia un opportunista, o che faccia le cose “per interesse” (che poi è un sinonimo). La cosa bella di me (me lo dico da solo 😉 ) è che a me fondamentalmente non serve un cazzo: mangio del mio. Se c’è una cosa che mi fa piacere al di là di quello che mi serve materialmente per vivere (che mi procuro da me) è essere ascoltato. Nella stessa identica misura in cui credo di far piacere agli altri ascoltandoli.
Sembra difficile, ma come disse un tale: “Si può fare” !