RISCHIO D’IMPRESA – UN’ ELUCUBRAZIONE.

Apro ringraziando il nostro Andrea (Kikkakonekka) che con il suo post di oggi mi ha dato un tema su cui fare parecchio “mumble mumble“.

C’è da dire che condivido il senso delle sue riflessioni e concordo con la conclusione perchè di fatto oggi come oggi questo è lo “stato dell’ arte” del lavoro “non-pubblico”. Ho preso buona nota anche della precisazione riguardo la “semplificazione” del concetto in favore della sintesi, ma ecco che esce fuori il mio “lato oscuro”, quello che mi fa essere il nemico della sintesi. Come promesso, elucubro qua e non da lui, così non rompo i coglioni più del necessario. Andiamo ? Andiamo.

Credo che i concetti di “impresa” e (a caduta) di “imprenditore” siano oggi inflazionati, abusati e messi anche maluccio. Ormai sono tutti “imprenditori”, tutti hanno l’ “impresa”: partite IVA, startup del cazzo, SRLS, cooperative, studi medici, cliniche vetrinarie, tutti “imprenditori”.

Ecco, quelli li terrei fuori dal discorso, fanno statistica purtroppo, ma li chiamerei più lavoratori autonomi che cercano di farsi beccare il meno possibile e di mangiare finchè possono. Il che per me è più che lodevole, io li amo tutti, ma in questa storia non hanno un ruolo.

Io stesso, attualmente amministratore di una SRL (non “S”, proprio SRL vera di quelle che si aprivano dal notaio col decimo del capitale sociale versato e tre milioncini per il notaio stesso) e con un passato abbastanza variegato che ha compreso anche ruoli da dipendente, financo nella pubblica amministrazione, non mi sono mai definito un’ “imprenditore”. Per la mia esperienza, il “rischio d’ impresa” è sempre rimasto al suo significato letterale: ho rischiato, ho investito di mio, ho guadgnato, ho perduto, l’ ho preso in culo quando mi è toccata, diciamo che la vivo sulla mia pelle, ecco. Quando le cose si sono messe male (perchè in decenni di attività prima o poi si mettono male) ho fatto carte false per piazzare altrove e al sicuro i miei pochi dipendenti e solo dopo me la sono vista per i cazzi miei. Ma non mi definisco un “imprenditore”: dove mi chiedono di indicare la professione scrivo “commerciante”, che è meglio (cit. Puffo Quattrocchi).

Nel nostro discorso, per semplicità direi di considerare “imprese” le aziende con oltre 50 dipendenti. Così restringiamo il campo e ragioniamo meglio. Anzi, lascerei fuori anche le “megaditte”, quelle che dei dipendenti hanno proprio perso il conto (tipo operatori telefonici, grandi fabbriche strutturate, aziende municipalizzate e fornitori di acqua, elettricità, gas)… quelle sono a tutti gli effetti “parastato”, quindi anche se sono nate come “imprese” ormai non lo sono più.

A mio avviso (liberi di prendermi a calci in culo se non siete d’accordo, naturalmente) il problema vero risiede nella natura umana ed in come questa è stata modificata nel corso dei secoli, soprattutto grazie alla politica. Purtroppo si è perso completamente il senso di “rapporto causa-effetto“. Se un tempo era chiaro che “chi non lavora non fa l’amore (e manco magna)”, ormai siamo arrivati ad un punto nel quale il lavoro è solo un diritto e non comporta doveri. Tutte le lotte a tutela dei lavoratori, i diritti acquisiti con fatica, le vere e proprie guerre per dare dignità al Lavoro (con la L maiuscola), alla fine si è ritorto tutto (e dico tutto) in culo ai “veri” Lavoratori (anche qui maiuscola). Chi sono i veri Lavoratori ? Quelli che hanno conservato il famoso rapporto causa-effetto e che (poveri ingenui) sono fermamente convinti che facendo bene ed in coscienza il loro dovere otterranno automaticamente (come sarebbe giusto) la sicurezza e la stabilità economica. E occhio, perchè sono solo loro, i “veri” Lavoratori, che alla fine se lo ritrovano sistematicamente fra le chiappe. E’ forse colpa degli “imprenditori” ? Non penso. L’ imprenditore si tutela, l’imprenditore ormai ragiona per statistica: questo reparto non produce ? Affanculo tutti e mettiamo dentro gente nuova che o rende di più o costa meno o meglio tutte e due le cose. E chi ci va di mezzo ? Indovinato: il “vero” Lavoratore.

E allora di chi è la colpa ?

La colpa è di quella nutrita maggioranza di gente (e il nostro Paese ahimè ne conta parecchia) che non appena ha messo il culo al caldo ed ha in mano uno straccio di contratto, incrocia le braccia e si fa un punto d’orgoglio nel fare il minimo indispensabile e (se appena è possibile) nemmeno quello. Vedi allora reparti da 10 persone dove due lavorano e 8 si dividono fra malattia, permessi, congedi parentali, fancazzismo generalizzato, partite a Ruzzle o doppi lavori. E quando il reparto viene “rivoluzionato” perchè prima o poi i bilanci si fanno e i nodi vengono al pettine, non è che vanno a fare in culo solo quegli 8… ci vanno tutti e 10. I 2 Lavoratori ringraziano.

Il punto è che grazie ai sindacati (non quelli gloriosi di tanto tempo fa, ma quelli di oggi che valgono meno di un cazzo moscio per quanto attiene alla tutela dei Lavoratori), nel corso dei decenni il settore privato è diventato pari a quello pubblico. Questo è. Ma mentre il pubblico in qualche modo trova sempre la maniera di metterci una “pezza” (e grazie al cazzo, i soldi mica sono i loro e soprattutto non finiscono mai), il privato può solo andare a puttane. Il punto ormai è che l’ imprenditore non può essere più un vero imprenditore: deve adeguarsi ad una specie di regolamento non scritto che (facendo funzionare la sua azienda come fosse un ministero) la porterà prima o poi alla rovina. E l’imprenditore sa che quando chiude chiude davvero: non c’è gestione infinita in “deficit”, non c’è “scostamento di bilancio”. Quando ha perso, ha perso tutto. Purtroppo questo andazzo ha innescato una spirale discendente a stringere e i risultati si vedono: le contromisure per resistere a questa “pubblicizzazione del privato” (che poi si chiamerebbe anche “comunismo”, ma questa è un’ altra storia) sono toppe peggiori del buco. Si riducono a miserabili scappatoie (i contratti a termine e quelli “a progetto” ne sono ottimi esempi) che alla fine disumanizzano l’intero rapporto. E i risultati (esattamente quelli sintetizzati da Andrea) ce li abbiamo tutti davanti agli occhi.

Ovviamente non ho una ricetta per curare questa malattia (se ce l’avevo, mica stavo qua: o ero il padrone del Mondo o mi avevano cementato in un pilastro dell’ autostrada – più probabile la seconda), però so verso chi bisognerebbe rivolgere il giusto e sacrosanto astio che anima tanti di voi: fancazzisti e sindacalisti (che poi spesso sono le stesse persone, i secondi solo un po’ più potenti).

Questo il mio pensiero, poi fate voi…

Il sogno italiano: trovare un lavoro (roba di qualche anno fa) — Evaporata

Nel bel mezzo di un brumoso e lontano pomeriggio pavese mi imbatto nel seguente annuncio: “Azienda leader nella vendita porta a porta di cosmetici, gioielleria e accessori vari cerca: RESPONSABILE DI AREA Il candidato, sotto la supervisione del Regional Manager, avrà il compito di gestire un numero consistente di venditori operanti nel canale distributivo door […]

Il sogno italiano: trovare un lavoro (roba di qualche anno fa) — Evaporata

Tempo, condivisione, e?

Lo ammetto: d’estate mi impigrisco un pò e a farne le spese è anche il mio blog. Sarà che non ho ancora fatto mezza giornata di vacanza, salvo la domenica che utilizzo per stare con i miei amici, per il resto trotto a tutto andare aspettando la metà di Agosto per tirar su un pò di fiato.

In aggiunta al pigrume “bloggatico”, trovo che sia molto cambiato il modo con il quale si interagisce anche qui, in questa comoda piattaforma che ho conosciuto sette anni fa, or sono. Era diverso, o per lo meno, per me lo era. C’era più compartecipazione mentre adesso ho come la sensazione che ognuno viaggi per i fatti propri, nonostante (a mio modo di vedere) non abbia alcun senso possedere un blog che non desidera condividere e colloquiare armoniosamente.

I primi tempi, i primi blog (ne ho chiusi e riaperti molti, quando i followers erano troppi chiudevo i battenti… non amo i grandi numeri, prediligo poche persone presenti), mi divertivo un sacco. Ogni giorno cercavo cose nuove da proporre, cercando anche di coinvolgere gli interessi di molti. Non c’è cosa più garbata se non quella di dare ad altri ciò che è di loro interesse, credo sia una grande forma di rispetto. Nel frattempo ci mettevo anche del mio, e lì… ai, ai, ai… i primi intoppi. Fui presa di mira da un nugolo di persone molto frustrate che incominciarono a mandarmi mail private, chiedendomi se “fossi solita scoparmi i morti, se ero in cura perché pazza, e se era vero tutto quello postavo…” Il tutto perché amo quello di cui tutti o quasi hanno paura: the darkside of life, scheletri, fantasmi, arte macabra, spiritismo e chi più ne ha ne metta. Feci l’errore di fare un post nel quale raccontavo dei miei scambi epistolari con Tim Burton, produttore che amo particolarmente e che considero il mio Maestro (visto il lavoro che faccio, da lui ho imparato tantissimo). Venne giù il mondo, chi diceva che ero folle, chi pensava raccontassi palle, chi sosteneva fossi un’adoratrice della morte e via discorrendo. Un giorno, lo ricordo bene, intervenne persino mio marito scrivendo un post acceso nel quale disse che avrebbe sporto denuncia se i messaggi non fossero cessati. Sì, nel tempo ho scoperto chi erano queste piccole persone che guarda caso oggi non sono più qui, e cosa fantastica l’ho scoperto in un modo molto idiota che non sto qui a dire. Fu persino divertente! Venne tutto fuori, ero stata presa di mira peccato che nessuno di loro abbia mai avuto una mira eccezionale. In breve si sono fregati a vicenda.

Al momento sto riflettendo tutto il mio silenzio, nel mio blog c’è pochissimo di mio e questo perché vivo nel timore di essere “non capita”… non che me ne importi molto, ma è anche vero che condividere è bello quando non ci si trova davanti a un muro di ditini indici puntati che personalmente trancerei con le forbici per il taglio del pollo arrosto. Adoro il suono delle ossa rotte.

È estate, ci si riposa un pò, si stacca anche da qui, da quella voglia spasmodica di dare qualcosa agli altri oltre che a noi stessi. Personalmente attendo Settembre per riprendere da dove ho lasciato e mi spiace se il mio materiale non sarà di gusto collettivo, d’altronde non siamo tutti tagliati per sole, cuore, amore, a ne ammorba persino il midollo.

Tempo e condivisione, già… io aspetto la mia festa, d’altronde i vivi si auto-celebrano fin troppo!

Paola Pioletti

25 giugno 2020 – Io resistevo tenendomi salda al tronco maestro

Mi son tenuta salda al tronco maestro durante le tempeste degli ultimi mesi, e tutto sommato sono pure riuscita a godermi la brezza, il sole della solitudine, la calma piatta della bonaccia e il rollio delle onde. Mi son tenuta salda e non ho avuto un minuto di dubbio, per mia fortuna; io ero certa, sono certa che tutto è illusione, quindi me la sono anche goduta, diciamo. Gli animali si son fatti rivedere dopo secoli, con una confidenza che non avevo mai sperimentato; li ho visti da vicino, da vicinissimo, anche i lupi, che non pensavo potessero farsi osservare fin nelle iridi gialle e selvagge. Li ho visti. Ho quasi accarezzato le marmotte, annusato l’odore acre dei cervi selvatici… ho potuto essere un po’più me stessa, insomma, un po’ più selvatica, un po’ più lichene e muschio; primavera, quasi.

Io di mio mi son tenuta salda al tronco maestro… non all’albero maestro, sia chiaro! Era proprio un tronco, perché qui si parla di tronchi con tanto di cortecce, linfa, legno cambio e vasi conduttori con la linfa che scorre dentro e su, fino alle estremità massime dei 45 metri e più di altezza, ad evaporare al sole in un processo miracoloso di trasmutazione.

Alle cinque del mattino io mi addossavo la responsabilità dell’unico essere umano presente in contemplazione sulla montagna deserta; gli altri stavano in casa, rinchiusi, in castigo, perché erano stati cattivi, bambini disubbidienti, o forse solo troppo umani per non soccombere all’errore. Io ero lassù, privilegiata e consapevole della mia immensa fortuna, e osservavo. Il silenzio innanzitutto, la quiete, l’armonia senza interferenze. Era perfetto il mondo deserto dalla cima delle montagne deserte. Perfetto.

(dal blog di Stileminimo – https://stileminimo.wordpress.com/2020/06/25/tenersi-saldi-al-tronco-maestro/)