Preso da Marco Pondrelli, “Il voto del 25 settembre. Analisi e prospettive”, articolo apparso sul sito Marx21, con l’obiettivo di “aprire un confronto a sinistra e fra i comunisti dopo il voto”:
Personalmente pur se preoccupato per la vittoria delle destre non credo che sia in pericolo la nostra democrazia perché essa, come già affermato in passato, è già in pericolo. Pensiamo agli arresti di sindacalisti accusati di concussione per avere scioperato nel corso di una vertenza o alle liste di proscrizione pubblicate da un quotidiano italiano, la restrizione degli spazi democratici è già iniziata.
Qui di seguito in corsivo un estratto dell’articolo di Teresa Noce “Non piangere sulla disfatta elettorale. Fare un bilancio serio per avanzare!”, apparso sul sito dei CARC.
Sul fascismo di Giorgia Meloni e l’antifascismo padronale del PD
L’allarme “fascismo” agitato dal PD probabilmente alimenterà la mobilitazione dei sindacati di regime, in particolare Fiom e Cgil, che saranno spinti ad assumere una maggiore iniziativa sul terreno della mobilitazione, come ai tempi dei governi Berlusconi. Sono gli stessi che hanno sostenuto tutte le controriforme e l’eliminazione dei diritti (legge Fornero, Jobs act), che hanno portato i salari ai livelli più bassi degli ultimi 30 anni, ma è probabile che li vedremo trasformati in “difensori dei diritti” e in fautori dell’antifascismo (ma quello padronale, con la scusa del “governo più a destra della storia”).
Non potendo far valere niente di positivo di ciò che ha fatto negli ultimi 20 anni (praticamente dalla sua nascita), non potendo fare promesse che evidentemente non avrebbe mantenuto, il PD ha svolto una campagna elettorale tutta incentrata sul “pericolo della destra” e “del ritorno del fascismo”.
Il PD promuove un antifascismo di facciata, vuoto e sterile. È una campagna di opinione che spesso – come nel caso attuale della “Meloni fascista” – si basa sul niente. Questo modo di sfruttare il sentimento antifascista presente fra una parte delle masse popolari finisce con il frustarlo, banalizzarlo, strumentalizzarlo e svuotarlo di significato.
Il PD cerca e vede i fascisti ovunque, tranne dove ci sono: a capo del sistema economico e finanziario, a capo delle centrali della propaganda di regime, a capo del sistema delle cooperative che sfruttano immigrati (soprattutto) e italiani a 3 euro l’ora, al governo dell’Ucraina e alla Casa Bianca.
Cercare fascisti ovunque a fini propagandistici contribuisce a intossicare le coscienze. Prendiamo il caso della “Meloni fascista”.
Giorgia Meloni è a capo di un partito che mantiene un legame con il fascismo solo a fini strumentali (come il PD lo mantiene con l’antifascismo), un partito atlantista, che raramente abbaia contro la NATO e la UE, ma certamente non morde mai, un partito che nel corso del tempo è entrato nelle sfere di potere e nei comitati di affari della Repubblica Pontificia usando spesso l’ascensore della ‘ndrangheta (su questo il PD tace perché quell’ascensore l’ha preso a sua volta), è un partito che sta con i palazzinari dove comandano i palazzinari, sta con i finanzieri dove contano i finanzieri, sta con gli Agnelli-Elkann, col partito del mattone e del TAV, ecc.
Se si guarda da vicino questo “fenomeno fascista” si scopre che è del tutto simile al PD, a Forza Italia e alla Lega. Cioè è un partito delle Larghe Intese.
I “veri fascisti” oggi non sono gli odiosi scarafaggi nostalgici e scimmiottatori del Ventennio. Quella è gente antisociale e pertanto emarginata, servi sciocchi dei padroni, ma di cui oggi i padroni non hanno (ancora) bisogno, poiché il movimento rivoluzionario è ancora debole.
Nel nostro paese i veri fascisti sono la borghesia imperialista e le Larghe Intese, i manager, gli speculatori, i caporioni della propaganda di regime, i leccapiedi della NATO e della UE.
Da questo punto di vista, Letta che dà della fascista alla Meloni è come il bue che dà del cornuto all’asino.
Pertanto, c’è da diffidare della propaganda antifascista del PD e occorre, invece, fare tutto il possibile per rendere ingestibile il paese al governo Meloni esattamente come fosse il governo Draghi o il governo Letta.
Non è questione di fascismo o antifascismo, è questione che nella classe dominante, il più sano ha la rogna!
Stefano G. Azzarà nell’articolo “Dov’è il fascismo oggi? Processi di concentrazione neoliberale del potere, stato d’eccezione e ricolonizzazione del mondo” scritto prima delle elezioni e apparso su marxismo-oggi.it afferma
In primo luogo, dobbiamo notare come la denuncia del pericolo del “fascismo alle porte” sia l’argomento propagandistico principale usato dai media di orientamento liberaldemocratico, e dunque vicini al PD e al centrosinistra; i quali cercano in questa maniera di delegittimare l’avversario e di spaccare in due il campo politico, semplificandolo in una chiave bipolare per mobilitare i propri simpatizzanti e attirare il “voto utile” degli elettori indecisi dopo averli terrorizzati. È probabilmente l’unico argomento che hanno a disposizione ma si tratta di un argomento disperato e perdente, perché le ragioni del possibile successo e comunque del prevedibile risultato di Meloni non vanno individuate affatto in un improvviso revival dell’autoritarismo fascista o in un’ostilità di massa verso il liberalismo. Va ricordato che solo 4 anni fa, quando agli inizi della sua esperienza aveva messo in atto un’operazione marcatamente nostalgica ritrattando in gran parte l’evoluzione impressa alla destra italiana da Fini, il partito di Meloni aveva appena il 4,3% dei consensi: dove erano, all’epoca, tutti questi fascisti che starebbero oggi per rialzare la testa? Erano tutti nascosti? Perché non si manifestavano, se l’Italia era un paese così illiberale e ricettivo nei confronti del fascismo? Del resto, non si tratta di una novità. Anche ai tempi dell’ingresso di Alleanza Nazionale al governo con Berlusconi, in realtà, la retorica antifascista utilizzata dai media del centrosinistra non era stata per nulla diversa e meno allarmistica rispetto a quella di questi giorni. Qualche anno dopo, invece, gli stessi media non avrebbero esitato a fare di Fini – fino a poco prima denunciato come il presunto nuovo Duce – un eroe della democrazia liberale, nel momento in cui questi è arrivato a una rottura con Berlusconi aprendo le porte al governo di Mario Monti promosso dall’Unione Europea e dalla BCE. Ma al di là di questa coazione a ripetere, c’è anche una controprova assai significativa e che ci tornerà utile al momento della conclusione di questa analisi: è un dato di fatto che mentre si impegnano a contare le croci celtiche e le svastiche tatuate sulle braccia dei militanti di Fratelli d’Italia, le stesse forze politiche che si definiscono fieramente liberali e antifasciste non esitano a sostenere la legittimità democratica di formazioni che al nazifascismo si richiamano in maniera esplicita, come le organizzazioni paramilitari ucraine, inviando loro anche armi con un voto in Parlamento… […] Si tratta di una normale propaganda elettoralistica che è speculare a quella delle destre stesse, le quali sostengono a loro volta ad ogni pie’ sospinto e con sprezzo del ridicolo che il loro principale avversario nel centrosinistra, il PD, è una forza neocomunista.[…] Se dovessimo invece prendere sul serio questa propaganda e intendere questo termine in un senso più tecnico, però, sbaglieremmo. E comunque non avremmo altra possibilità che cedere al ricatto del voto utile e affidarci ai sedicenti neopartigiani.
Insomma, collochiamo i nazisti del PD e loro cespugli nel loro ambito, e usiamo il cervello quando si va a votare: valutiamo ciò che le persone e i partiti fanno, lasciando perdere i manipolatori.
Non per fare il lapidario supponente (quale tendo ad essere in verità), ma come già scrissi altrove oggi come oggi l’unica cosa fascista che vedo in giro è l’ antifascismo.
Così come il fascismo nelle sue intenzioni originarie si ispirava agli irripetibili fasti di un passato remoto (tipo l’ Impero e tutta quella roba là), l’ odierno antifascismo prende le mosse da un passato magari più prossimo, ma pur sempre passato.
Secondo me, ci vorrebbe un corso accelerato per comprendere in tutta la sua semplice evidenza il concetto di “scorrere del tempo”.
Perfettamente d’accordo, Albert1.
Fammi aggiungere che un tuo articolo mi ha ispirato questo mio, al quale non avrei altrimenti pensato. Ma il materiale c’era, e allora, perché non mostrare alle persone meno attente cosa si dice e pensa nella VERA sinistra italiana circa tutta la vuota retorica dei buffoni guerrafondai e nazisti del carrozzone iperglobalista e iperliberista che sventola l’arcobaleno?
Grazie della implicita imbeccata, Albert1.