12 pensieri riguardo “Sotto sotto”

    1. Caro Andrea, per me una coda alla vaccinara.
      Ma prima assaggio i tuoi cacio e pepe, se me lo permetti!
      Un simpatico saluto
      Wu Otto

      1. Azz, mi sa che pago io!
        Ma col sorriso,
        Le belle persone ricambiano sempre, anche solo con una stretta di mano!
        Un saluto Wu Otto

  1. Un sorìso, si ce penzi,
    è ‘n regalo inteliggente:
    nun se ‘ncarta, nun se scarta,
    vale tanto e ‘n costa gnente.

    Nun ce serveno fiocchetti,
    cartoncini o pupazzetti,
    er sorìso viaggia svèrto
    quanno trova ‘n core aperto.

    C’è ‘na cosa che me piace,
    er “mistero der sorìso”:
    Quanno arìva, poi rimbarza
    e lo rivedo sul tuo viso.

    Là vvòr dì che ho fatto centro,
    er regalo ha funzionato !
    E’ arivato, t’è piaciuto,
    e me l’hai restituito.

  2. Vado avanti… non so se può generare un sorriso ma la cosa che sto per “rivendermi” qui (dopo averlo già fatto non so quante volte in giro per la Rete) sicuramente può causare un sano appetito (e conseguente sorriso) 😉

    Trattasi – visto che è stata chiamata in causa – del procedimento per ottenere una cacio e pepe ineccepibile, romana al 100%. Garantisco, dato che la ricetta mi è stata direttamente fornita da una certa Signora Spizzichino, ebrea romana D.O.C. ai tempi in cui mi trovavo spesso a frequentare (ad ora di pranzo, casualmente) casa sua al Portico d’ Ottavia (Ghetto di Roma). Il nipote ed io lavoravamo insieme da quelle parti, e il pranzo era sempre offerto.

    Mi sto ripetendo, l’ ho sparpagliata in giro negli anni, ma sono quasi certo di non averla mai scritta qui, pertanto provvedo.

    Innanzitutto gli ingredienti, che a parte l’ acqua e (poco) sale sono solo ed esclusivamente TRE. Non è necessario aggiungere altro:

    Pasta lunga all’ uovo fresca, in genere un etto a testa, ma la quantità può variare a piacimento. Il formato elettivo è il “tonnarello”, sorta di spaghettone spesso a sezione quadrata. Non va bene la classica “chitarra” perchè è troppo sottile. La pasta della cacio e pepe deve avere corpo ed essere “robusta”.

    Pecorino romano, quello con la crosta nera per capirci. Consiglio di procurarne almeno due etti perchè ne serve tanto e quello che avanza ve lo mangiate a tocchetti. Non deve essere troppo “stagionato” se no viene fuori un’ altra cosa. La giusta età è quella in cui l’ interno è umido al tatto . Va portato a casa lo spicchio intero, guai a farselo grattugiare in negozio.

    Pepe nero intero, in grani. Ci vorrà un macinino, ma se non lo avete si può sempre mettere in un panno e pestare a morte con un batticarne o simili.

    La preparazione è velocissima e semplice:

    Mettere a bollire l’ acqua, che deve essere abbondante perchè servirà anche dopo.

    Nel frattempo, grattugiare il pecorino e macinare il pepe raccogliendo e mescolando (a secco) il tutto in una scodella. La quantità di formaggio e la proporzione con il pepe sono a piacere, ma minimo sono quattro cucchiai da minestra di pecorino grattugiato ed un cucchiaino colmo di pepe a persona.

    Accortezza: il pepe non deve essere tutto macinato alla stessa grandezza. Una buona parte deve essere polverizzata, ma un terzo almeno deve essere tritato in maniera più grossolana. Questo viene quasi da se’ se lo pestate in un mortaio o dentro il tovagliolo. Se usate un macinino basta allargarlo e stringerlo quando serve.

    Quando l’acqua bolle, aggiungete un cucchiaio raso di sale grosso. Occhio, non più di un cucchiaio, se no poi con la sapidità del pecorino diventa immangiabile.

    Trasferite il pecorino grattugiato mescolato al pepe dentro un padellone tipo saltapasta o un tegame capiente e lasciatelo su un fornello spento (lo accenderete alla fine).

    Buttate la pasta, e non appena l’ acqua riprende il bollore cominciate a contare tre minuti. Soprattutto all’ inizio mescolate delicatamente in modo da “staccare” i singoli tonnarelli che quasi sicuramente si saranno stretti fra loro. Al terzo minuto riempite una tazza capiente di acqua di cottura e tenetela a portata di mano.

    Qui inizia la parte dove il tempo è critico. La pasta all’ uovo fresca cuoce in fretta e scuoce di corsa, quindi dovete assaggiare di continuo finchè non raggiunge quella consistenza che vi dà l’impressione di essere ancora un po’ cruda. In genere succede a metà fra il terzo e il quarto minuto.

    In questo lasso di tempo (30″ circa) versate un paio di cucchiai dell’ acqua di cottura che avete nella tazza nel padellone con il pecorino e il pepe (fornello ancora SPENTO) e mescolate piano con un cucchiaio di legno per fare una specie di cremina. L’ acqua calda scioglierà quanto basta il pecorino ma non lo farà diventare un “blob” gommoso. Se serve aggiungete acqua, non si deve rapprendere.

    Scolate la pasta e velocemente accendete il fuoco a fiamma medio-bassa sotto il padellone dopodichè trasferiteci la pasta e cominciate a girare col cucchiaio di legno come se non ci fosse un domani. Se vedete che i tonnarelli cominciano a riappiccicarsi o che il formaggio si addensa troppo aggiungete acqua di cottura calda. Alla fine il tutto non deve essere “brodoso” ma nemmeno troppo asciutto: l’ ottimo è quando i tonnarelli sono tutti separati fra loro e omogeneamente avvolti dalla “cremina” che si è formata.

    Mettete nei piatti (meglio se riscaldati prima) e mangiatela calda, mi raccomando: se si raffredda è buona lo stesso ma non la digerite più.

    Non è detto che vi venga bene al primo colpo (i problemi più frequenti sono il livello di cottura della pasta e la troppa / troppo poca acqua di cottura aggiunta), però una volta che ci avete preso la mano poi si fa da se’.

    E’ uno dei miei “banchi di prova” per i presunti ristoranti di cucina romanesca: se non sono capaci a farla così, vuol dire che non sono capaci. Sorprendentemente, una delle peggiori cacio e pepe l’ ho mangiata alla trattoria della “Sora Lella” (la compianta sorella di Aldo Fabrizi) all’ Isola Tiberina, mentre l’ unica che vale veramente la pena di mangiare la fanno alla trattoria “Roma Sparita” a piazza di Santa Cecilia a Trastevere. Se capitate a Roma (giuro che non prendo la percentuale) fateci un salto e non ve ne pentirete.

    M’è venuta fame. E sono appena le quattro e mezza. 😀

    1. Super Top!
      Io sono in un posto,
      Dove bevi Pernod,
      E mangi lumache col burro!
      O altrimenti una soupe de onion e una baguette.
      Grandissimo Albert
      Un caro saluto Wu Otto
      😀 😀 😀 😀 😀 😀

      1. Le lumache anche no 😉
        La soupe mi garba assai, anzi mi sa che mi hai dato un’ idea per stasera, mi manca la baguette, ma ho un paio di panini all’ olio un po’ vecchi: li faccio a rondelle, li abbrustolisco sulla piastra, et voilà le crouton ! 😉

  3. Ora che guardo meglio il post, noto che lo hai inserito anche nella categoria “Il Post-It di Chica”. Non so se la cosa sia voluta, ma mi hai dato l’ occasione per ripensare a Chica (che lei non ha mai saputo che lo sapevo ma io so che si chiama Enrica 😉 ), la mia “gemella diversa”, quella che quando ci siamo incontrati abbiamo corso il rischio di scatenare una fusione nucleare e invece è andato tutto bene, a riprova del fatto che gli opposti spesso coincidono…
    Cazzo, sarebbe bello se si riaffacciasse, altro che “Carràmba che sorpresa” !

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...