L’ INVOLUZIONE DELLA COMUNICAZIONE

Oggi è bastata una parola del titolo del “teaser” quotidiano del nostro AllegroPessimista per dare la stura ad una serie di miei vaneggiamenti a catena che – ovviamente – non mi tratterrò dal proporvi. La parola è “WhatsApp“.

C’è da osservare che come noto io non sono un grande “comunicatore”. O meglio, posso scrivere fino a consumarmi i polpastrelli o a scaricare un’ intera penna biro, ma a voce comunico poco. In seconda analisi, se proprio devo chiacchierare amo farlo di persona ma mai e poi mai per telefono: si contano sulle dita di una mano le occasioni in cui una mia telefonata abbia superato i tre minuti, compresi squilli iniziali e saluti finali. E di solito, quando è stato, è stato solo per rotture di coglioni.

E’ quindi immaginabile la mia estrema felicità quando a metà degli anni ’90 appresi della capacità (per me straordinaria) del mio telefono cellulare di usufruire del sistema “SMS” (acronimo di “Short Message Service”, servizio messaggi brevi). Quel “brevi” era il nocciolo della questione. Un’ idea talmente geniale che, anche quando abbondantemente superata dalle capacità tecniche dei moderni terminali, è servita addirittura per fondare una realtà che poi ha fatto i miliardi (Twitter, che almeno all’ inizio limitava la comunicazione ai 160 caratteri degli SMS originali).

Tornate un attimo indietro con la mente e reimmedesimatevi in quel periodo. Se lo scopo della comunicazione era semplicemente dire “Si, va bene” oppure “no, scordatelo“, o “sono a casa, tutto ok“, o ancora “sto arrivando, butta la pasta” o meglio “chiudi il gas che mi sono scordato“, perchè rischiare di rimanere impegolati in una telefonata – con quello che costavano allora – che avrebbe potuto allungarsi con altre inutili parole ? Un SMS era la salvezza. In più, se per esempio c’ era da trasmettere un numero di telefono o un indirizzo, l’ SMS era il massimo: nessun pericolo di fraintendimenti, numeri capiti male e trascritti peggio. Evviva l’ SMS !

Funzionava perchè era “scomodo” (nel peggiore dei casi quattro spinte su un tasto per beccare una lettera), e perchè anche se molto meno di una chiamata a voce era “costoso“. Quindi la brevità era assicurata.

E’ stato bello finchè è durato, poi come al solito abbiamo deciso di complicarci la vita, e puntualmente, nemmeno troppo tempo dopo, l’ abbiamo fatto.

Bisognava capirlo già da quando sono comparsi gli MMS (Multimedia Messaging Service), che permettevano di allegare elementi multimediali (immagini, musichette, iconcine) e che costavano un botto (paragonati ai cari vecchi SMS). Per fortuna, al pari delle videochiamate introdotte da H3G con i primi “videofonini” gli MMS sono durati come una scoreggia all’ aria aperta. Era tutto molto divertente, ma la rete telefonica non era pronta: troppo traffico, troppi blocchi, troppi soldi. E anche i dispositivi non potevano reggere la botta. Servivano altri apparecchi e soprattutto serviva Internet disponibile sui cellulari ad un costo accessibile.

Il primo “mostro”, con la complicità del 3G diffuso e degli smartphone, è stato appunto WhatsApp.

Sia chiaro, l’idea mi piacque allora e mi piace adesso: messaggi a volontà e praticamente “gratis”, lunghezza illimitata, allegati, e poi (ci misero poco a riprendere l’idea) anche chiamate vocali e videochiamate sempre gratis… comunicativamente parlando WhatsApp era un sogno divenuto realtà.

Però, da lì a rompere i coglioni è stato un attimo.

Si, perchè queste applicazioni (ne sono uscite a palate, ma alla fine per le caratteristiche intrinseche di ognuna quelle che “camminano” restano WhatsApp, Telegram e – per pochi eletti – Signal) sono diventate almeno per me delle palle al piede. Non tanto dal lato attivo, quanto da quello passivo. Io cerco di farne un uso moderato (sempre memore del funzionamento dei cari vecchi SMS), ma quello che devo subire è indicibile. Vado un un elenco delle cose che più mi danno al cazzo dell’ “instant messaging”, poi lascio a voi aggiungere o modificare…

  1. I messaggi, per loro natura, sono fatti per essere “scritti” e poi “letti”. Il che implica non dover usare la bocca e le orecchie ma solo le dita. Mettiamo che inizio io e mando un messaggio a qualcuno chiedendogli una cosa, tipo “domattina ci sei” ? Mi aspetto che mi risponda con un “si” o un “no“. Io ho scritto, lui ha scritto, io ho letto, tutto a posto. Finita lì. Invece guardo il telefono dopo un po’ e vedo la notifica di un cazzo di stramaledettissimo e fottuto “messaggio vocale” e vedo che è lungo 49 secondi. Ecco, io odio i messaggi vocali. Se voglio sentire la tua voce, ti chiamo, non ti scrivo. E poi, cribbio, devi capire che potrei non essere in condizione di ascoltarlo (soprattutto se magari sei un tipo come me, che usa un linguaggio colorito). Un messaggio scritto lo posso leggere anche se sono in riunione o se sono a un funerale, un vocale NO. Se ti ho scritto è perchè non voglio o non posso parlarti, per quale motivo pensi che possa o voglia ascoltarti ? Chi cazzo sei, che fai come ti pare ? Al contrario, se qualcuno inizia con un vocale, ormai manco lo apro.
  2. I messaggi, sempre per loro natura, sono fatti per trasmettere velocemente e chiaramente delle informazioni. Gli scambi devono essere brevi per essere efficaci. Se ci mettiamo ad intavolare una discussione filosofica di mezz’ ora via WhatsApp, con tutto ciò che comporta, tanto vale che ci telefoniamo. Stai a vedere che facciamo prima.
  3. I messaggi non sono fatti per creare ansia. Non possono essere usati per questioni urgenti. Non puoi vivere attaccato al telefono per controllare i segnetti di spunta e non puoi continuare a tartassarmi le palle perchè hai visto che ho letto ma non ti rispondo. Eccheccazzo, se è urgente chiamami !
  4. I gruppi. Gesù salvaci, i gruppi. I gruppi sono pesanti. Cioè, uno che ha il tuo numero si alza la mattina, crea un gruppo e ti “aggiunge”. Tu non puoi fare nulla, sei stato “aggiunto”. Si capisce la pesantezza della cosa ? Voglio dire, pensate a FugaDaPolis: qui nessuno vi ha “aggiunto”. Siete stati tutti “invitati”, ma un invito è un invito… si può tranquillamente declinare senza nessuna conseguenza. Chi tra voi l’ ha fatto (non importa il motivo), mica è stato perseguitato. Invece alle chat di gruppo si viene “aggiunti” e basta e se uno si leva, magari da un gruppo che ha 100 componenti, tutti e 100 vedono che si è levato e quasi sicuro qualcuno di quei 100 pensa pure di chiedergli perchè, probabilmente innescando ulteriori catene di messaggi. Ma vaffanculo. Per non parlare di quello che diventano poi questi gruppi. E tutte le mattine “buongiorno” e tutte le sere “buonanotte”, e che palle.
  5. Lo “status”. Di questo ho già parlato, non mi dilungherò. Dico solo che è uno strumento di cui ormai si abusa. Ho deciso di non guardare mai più lo status dei miei contatti, ne guadagna la mia pace mentale. Per parte mia, non l’ ho mai usato: ho la stessa immagine dal profilo da quando ho installato WhatsApp (infatti nella foto non ho quasi nessun capello bianco 😀 ).
  6. Le “notifiche”. Tutto questo “instant messaging” aumenta a dismisura il numero delle volte che il nostro dispositivo suona, trilla, vibra o fa cose. Questo non è buono. Crea distrazione, rompe le palle, ti fa correre il rischio di perdere notifiche importanti perchè si mischiano con altre mille (per quanto una notifica possa essere importante). E’ vero che uno può mettersi lì e configurare il telefono in modo da far “suonare” solo quello che gli interessa, ma diventa un lavoraccio. Io ormai ho risolto: telefono fisso in modalità silenziosa (nemmeno la vibrazione). Ogni tanto lo tiro su e guardo: se ho perso qualcosa di importante recupero, tutto il resto sti cazzi.

Voi come la vivete questa cosa ?

Con questo, conscio di avervi fracassato le gonadi ancora una volta, vi saluto e ci si ritrova lunedi. Che domani aspetto la befana, dopodomani è sabato e poi è domenica. Ho avuto una settimana breve ma intensa, sparisco nel nulla cosmico per un po’… 😉