LA BAMBINA COL GATTO: STORIA DI DUE VITE

(Avvertenza: questo post è lungo, di discutibile interesse generale e in certi passaggi potrebbe avere come effetto l’ innalzamento del tasso glicemico per alcuni soggetti. Mi scuso pertanto in anticipo ma fa parte di quegli articoli che mi sento costretto a scrivere per tenere traccia di eventi lontani nel tempo che nonostante la loro importanza rischiano di “sbiadire”. Prendetelo come un ausilio alla memoria).

C’ era una volta, e ancora c’è, un bambino che nei suoi primi dieci anni di vita aveva già cambiato dieci case e dieci città. Un bel giorno il bambino approda nell’ undicesima casa, tornando in una delle dieci città. Un bell’ appartamento in un palazzo nuovo nuovo con un grande giardino recintato, un grande garage, tanti alberi e spazio per giocare. Il palazzo è nuovo ed è ancora mezzo vuoto, in più è pieno inverno quindi non si vede tanta gente… il bambino però è curioso, scende, esplora: intorno è ancora un mezzo cantiere, ci sono un mucchio di cose divertenti, mattoni, sabbia, attrezzi vari, addirittura una betoniera. Sarebbe divertente se ci fosse qualcun altro con cui giocare, ma i “vecchi” amichetti sono all’ altro capo della città e qui di nuovi ancora non se ne parla.

Passa qualche settimana, e in una bella giornata di sole (forse era marzo) il bambino vede in giardino una bambina, più o meno della sua età, con un gatto bianco e grigio in braccio.

“isn’t She Lovely” ?

Probabilmente qualcosa “scatta” già in quel preciso istante, ma nessuno dei due è propriamente “intraprendente” (diciamo che si tratta di bambini timidi, ecco) e almeno per il momento fanno finta di non vedersi: la bambina col gatto si alza e se ne va, il bambino prosegue l’esplorazione dell’ altra parte.

Passa ancora qualche giorno, il bambino ha esplorato tutto (OK, il territorio è sotto controllo) e sta più dentro casa che fuori. Guardando dalla finestra, vede ancora gironzolare la bambina col gatto (che la segue come se fosse al guinzaglio) ed un’ altra più piccola (che scopriremo essere la sorella minore). La madre del bambino arriva da dietro e fa: “ma che belle quelle due bimbe… perchè non vai giù e ti presenti” ? E lui: “mah, non lo so, e poi sono due femmine… sai che palle ? Devo fare pure i compiti“… “ma non dire cazzate, che non l’ hai mai fatti, proprio oggi li devi fare ? Dai, andiamo, ti accompagno io“.

Alla fine, complice una mamma impicciona, i bambini si conoscono. E come spesso per fortuna succede con i bambini, la differenza di sesso non conta: si gioca a tutto come se non ci fosse un domani. Pallone, nascondino, acchiapparella, battaglie a sassate, biciclette, pattini, e chi più ne ha più ne metta. Con la primavera si scopre che in quel palazzo di bambini più o meno grandi ne vivono altri e piano piano si forma una piccola “banda”:

Il bambino e la bambina col gatto, al centro

Da lì in avanti, il bambino – che va verso l’essere un “ragazzo” – vive i suoi anni migliori (sotto tutti gli aspetti): pensieri zero, una certa stabilità, turbe adolescenziali ancora lontane. E in tutto questo il posto d’ onore ce l’ha sempre la bambina col gatto: lei c’è, sempre. Non è ancora niente di quello che sarebbe diventato (spoiler 😉 ), sono pur sempre bambini, ma quella faccia impertinente e quegli occhi ce li ha sempre davanti: anche quando lei non c’è.

Nei giochi, i due bambini sono sempre l’ uno contro l’ altra: se si formano due gruppi, forse perchè anche se di qualche mese (ma a quell’ età conta) sono i più grandi, sono sempre a capo delle due opposte fazioni. Si stuzzicano, litigano, si prendono in giro per come sono vestiti o per come portano i capelli, lanciano irrispettose frasi verso i rispettivi genitori… insomma quelle cose che fanno i bambini. Ma alla fine fanno sempre la pace: il “non ti parlo più” non dura mai più di un’ ora, il tempo di cambiare gioco. Memorabili i “raid” di gruppo pomeridiani nella confinante scuola di suore (frequentata dalla bambina col gatto) attraverso un buco nella recinzione: lo spirito d’ avventura che li accomuna li fa diventare l’ incubo della congregazione religiosa. Incursioni nella palestra, sparizioni di palloni ed altre cose, sassate contro i vetri, insomma “baby-teppismo” allo stato puro. E sono anche bravi, visto che nessuno l’ ha mai beccati. Quando il bambino insegna alla bambina col gatto a fare i “cartoccetti” e a tirarli con la cerbottana è l’apocalisse: una successiva riunione di condominio decreta il divieto assoluto di giocare con la cerbottana dato l’ immenso carico di lavoro straordinario del poveraccio che doveva pulire. Quintali di piccoli coni di carta sparpagliati ovunque che in confronto levare le foglie secche era una passeggiata.

Poi però i due bambini crescono. Cambia tutto, le cose “da bambini” si fanno sempre meno, escono fuori nuovi interessi, nuovi amici, nuove amiche e piano piano ci si vede sempre meno. Poi comincia la giostra dell’ adolescenza vera e propria e la favola arriva alla fine. Si fanno cose diverse, si fanno errori, si fanno anche cazzate (più o meno gravi) e ci si perde completamente di vista. Un altro cambio di casa, le ragazze per il bambino (che non è più bambino), i ragazzi per la bambina col gatto (che non è più bambina e che non ha più nemmeno il gatto), siamo al capolinea. Signori, si scende !

Un giorno il bambino (continueremo a chiamarlo così), viene a sapere che il padre della bambina col gatto non c’è più (come abbia potuto saperlo in un tempo in cui non c’erano cellulari, email e social non si sa, ma è accaduto): è un’ occasione abbastanza triste per incontrarsi di nuovo, ma dobbiamo accontentarci. Oltretutto il padre della bambina col gatto stava molto simpatico al bambino e il dolore è sincero, non di circostanza.

E dato che quel qualcosa che aveva fatto “clic” tanti anni prima (“noi due abbiamo una strana malattia“, scriveva la bambina col gatto in una lettera) evidentemente era ancora lì, insoddisfatto ed incompleto, ecco che i due bambini – senza nessun impegno ma sapendo benissimo come sarebbe andata a finire – ricominciano a vedersi, ad andare in giro e a “fare danni” insieme.

“Pronti per uno scippo” ?

L’ epilogo è quasi scontato. Da lì in avanti le due vite camminano insieme, ed è tutto esattamente come prima: si gioca, si litiga, ci si stuzzica, ci si prende in giro, si lanciano irrispettose frasi verso i genitori (superstiti) e si finisce sempre per fare la pace. Il “non ti parlo più”, quando scatta, dura magari un po’ di più, ma l’ occhiata giusta al momento giusto pone sempre fine al silenzio. Il lavoro, i trasferimenti, i cazzi della vita ogni tanto li allontanano ma la lezione l’hanno imparata bene e l’ errore di una volta non lo fanno più: non si perdono di vista, mai più nella vita. E siccome va bene giocare, ma ogni tanto si fa anche “sul serio”, dopo vent’ anni di convivenza e lunga nonchè ponderata riflessione (alla faccia della riflessione) convengono addirittura di far guadagnare la pagnotta quotidiana ad un funzionario del comune che con una surreale cerimonia con quattro persone in tutto (il minimo sindacale, perchè pare che i testimoni siano obbligatori) li dichiara nientepopòdimenochè “marito e moglie“:

“Evviva gli Sposi” !

Da quel particolare giorno (che guarda caso era di marzo, come quando ha visto per la prima volta la bambina col gatto) il bambino ha vissuto con un po’ d’ ansia: il timore era che la formalizzazione potesse in qualche modo rompere l’ incantesimo. Ma la “strana malattia” ha resistito, la crisi del settimo anno non si è fatta vedere (e se è per questo nemmeno quella dell’ ottavo, del nono, del decimo e così via). E i due bambini continuano a giocare insieme.

Nel bene e nel male, naturalmente, perchè di faccende, storie e momenti del cazzo ce ne sono stati e ce ne saranno… ma i due bambini “tengono botta”, perchè così hanno deciso e così deve essere.

Bene, ancora una volta vi ho raccontato un po’ di cazzi miei (e stavolta non da poco) e contravvenendo per la prima volta alla regola che mi impedisce di pubblicare immagini che ritraggono altre persone – viventi – oltre a me, vi ho presentato lei: da undici anni la mia consorte, da trenta la mia compagna e da ormai quarantatré la mia unica, adorabile, inossidabile e incredibile bambina col gatto. Che per inciso – la bambina, non il gatto – amo più di me stesso (il che è tutto dire, data l’ altissima considerazione che ho di me 😉 ).

P.S.: questa non è una “sviolinata” : nel rispetto reciproco dei piccoli spazi privati che da sempre ci ritagliamo (fa parte del gioco), lei non legge questo Blog. Quindi non lo sto usando per biechi fini. Arriverà – sono certo – il momento in cui lo leggerà (indirizzo, utente e password fanno parte delle cose che in un certo momento avrà), non credo le dispiacerà. Almeno spero.

22 pensieri riguardo “LA BAMBINA COL GATTO: STORIA DI DUE VITE”

  1. Mi hai commosso, ma non montarti la testa: ho la lacrima facile. Siete bellissimi (lei un po’ di più, dai) ma state davvero bene insieme.

    1. 🙂 La commozione, finchè non è “cerebrale” è una cosa bella…
      E si, lei è decisamente meglio di me e in più io sto “invecchiando male”, lei per niente. Una volta al mare la figlia di una sua amica chiese alla madre (indicandomi): “ma lui è il papà” ? 😀

      1. In effetti in assoluto mi difendo, ma il problema è quando ci vedi insieme: con lei il tempo ha frenato, con me spinge sull’ acceleratore…

  2. Ma è splendida storia 😍 una storia da favola… bellissimi!! E bellissima lei!! Mi piace un sacco l’espressione che nella foto da bambina in primo piano e in bianco e nero… proprio bella 😊 … e belli entrambi! Poi particolara la storia del gatto sempre in braccio, davvero da film 🤭

    1. Quella per i gatti è una passione che è rimasta, a tutti e due. Lei credo l’abbia “ereditata” dalla madre (anche se pure la sorella non scherza): c’è stato un momento in cui ne avevano sette in casa.

      1. Mamma mia! Sette… io anche li adoro i micetti! Ma non ne ho a casa, al massimo do da mangiare a qualche micetto quando nasce nel quartiere

      2. Dentro casa diventano rapidamente un problema: uno basta e avanza. Solo mia madre riesce ad averne cinque senza alcun impatto sulla casa. Come fa non lo so. Da noi al massimo uno. Oltre al cane, ovviamente.

  3. Anche se non amo particolarmente Venditti, c’ era un suo pezzo (uscito proprio all’ epoca in cui ricominciammo a vederci) che è la colonna sonora perfetta, manco a farlo apposta. La canzone è “Amici Mai”, è c’è un verso che dice:

    “certi amori non finiscono, fanno dei giri immensi e poi ritornano”.

    Perchè per non allungare troppo il brodo ho tralasciato la “sottostoria” intermedia, che ci ha visto anche “lasciarci e poi riprenderci” (altra citazione dal brano). Ma quando è destino è destino.

      1. Solo a te te spero per lei .
        Ricordo che di foto recenti ne hai messe qualcheduna, sempre serio ma un bel uomo. Nella foto insieme sorridevi poco ma sorridevi.

      2. Lei è solo leggermente dimagrita…
        TI assicuro che normalmente sorrido, anche con i quattro denti che mi sono rimasti sorrido, e rido pure. Il punto è che ho uno strano problema di sincronizzazione quando si tratta di fotografie, da sempre. C’è gente che quando scatta l’otturatore sta sempre ad occhi chiusi, a me invece viene sistematicamente la faccia incazzata. Non so perchè, ma è così.

  4. Per completezza e correttezza, le foto di questo post (ora proprietà esclusiva dell’ archivio di famiglia 😉 ) sono da accreditare nel seguente ordine:

    Le prime tre sono state scattate dal papà della bambina col gatto, che pur facendo tutt’ altro nella vita aveva il pallino della fotografia (aggiungo “per fortuna”, altrimenti di quei tempi non mi sarebbe rimasto nulla);

    La quarta, per quanto mi sforzi di ricordare, non immagino da chi sia stata fatta, ma me ne farò una ragione.

    L’ ultima esce dalla fotocamera digitale di una nostra amica (artista e fotografa), che oltre a farci da testimone di nozze ci regalò anche il “reportage fotografico” dell’ evento oltre ad un simbolico kit di forchettone e mestolo di legno che ancora fa il suo lavoro nella nostra cucina.

  5. Una delle storie più belle che io abbia letto e scritta benissimo; io lo dico sempre: le fiabe sono vere ed esistono. E voi siete meravigliosi, giuro!! IN questo pazzo mondo, siete un’immenso portale spalancato sulla luce! La Luce quella vera, con la A maiuscola.

  6. Che bellissima storia e che bellissimo racconto! Certe cose fanno star bene, e ce ne vorrebbero di più! Mi hai messo di buon umore. Poi adesso c’è anche il sole… 😉

  7. Non riesco a leggere quasi niente. Un sesto senso mi ha detto che dovevo leggerlo… e l’ho letto tutto… e ho visto le foto… e… e… ho pensato… FANTASTICO!… di più.
    Abbraccio.
    Quarc

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