Questo post nasce dal combinato disposto della lettura di due articoli: uno del nostro AllegroPessimista e l’altro del sempre nostro Andrea.
Se tutto va come spero potrebbe anche avere come effetto collaterale (ma non indesiderato) l’ acquisizione di un nuovo Autore (anzi di due nuovi Autori): trattasi di Elettrona e Gifter, da Il Mondo Positivo.
Avevo infatti iniziato uno scambio di battute con Elettrona sul Blog dell’ Allegro e poi l’ ho letta di nuovo su quello di Andrea: siccome “le coincidenze non esistono”, per non sbagliare li ho invitati qui (sempre in caccia, io, eheheheh).
I temi trattati sui due post di cui sopra sono diversi: uno parla di disabilità, l’altro dell’ ipocrisia di certe persone in certe situazioni, ma io ci vedo un collegamento e da persona fissata col linguaggio quale sono mi ha punto vaghezza di tirare le somme qui, anche per non cacare eccessivamente il cazzo sui Blog altrui, se no che ci sta a fare FugaDaPolis ?
Molto probabilmente ripeterò dei concetti e dei pensieri che ho già esposto in altre occasioni, vorrete perdonarmi, ma quando tutto si incastra in un quadro più grande è inevitabile che certe cose tornino fuori.
(“Va bene, Alberto, hai già rotto i coglioni. Potresti venire al sodo per favore che quando cominci così sappiamo già che si prospettano almeno quattro paginate ? Grazie“.)
OK, partiamo dal titolo: quali sono le cose semplici di cui parlo e perchè sono difficili ?
La prima cosa semplice è la lingua italiana, la nostra.
La seconda cosa semplice è la comunicazione su Internet (sempre la nostra).
Uno dei punti di forza dell’ italiano è quello di essere una lingua ricca: c’è una parola più o meno per ogni cosa ed è tutto già lì, bello e pronto, basterebbe avere l’accortezza di usare un dizionario (come si faceva una volta) e si potrebbe esprimere con facilità – e senza tribolare troppo – qualsiasi concetto. Senza bisogno di girarci intorno e senza inventare perifrasi o neologismi del cazzo che creano solo problemi di comunicazione. Ma se mettiamo insieme la volontà innata di complicarci la vita e la pigrizia – anch’ essa innata – che ci contraddistingue, ecco che diventa tutto veramente difficile. Questa riflessione nasce appunto da un’ osservazione di Elettrona: quando io me la sono presa col “politicamente corretto“, lei mi ha fatto notare che a volte non si tratta di “politicamente corretto” ma solo di “correzione” nei confronti di chi parla male. Di chi non usa il dizionario, aggiungerei io. Ha fatto diversi esempi, uno più centrato dell’ altro, ma una buona sintesi per come l’ho colta io, è la differenza fra due termini che (anche burocraticamente) spesso vengono confusi. Parlo di “disabilità” e “handicap“. Confesso di averli a volte scambiati anche io… nulla di più sbagliato: tanto più che basterebbe anche in questo caso interrogare un dizionario che darebbe immediatamente la misura dell’ abisso che corre fra le due parole. Correlate si, in certi casi, ma non sinonimi. Lascio a voi se volete il compito di approfondire (anche leggendo il commento di Elettrona sul post dell’ Allegro). Tutto questo per dire cosa ?
Dopo “RTFM“, bisognerebbe lanciare l’ uso del “RTFD” (Read The Fucking Dictionary): credo che le discussioni e i fraintendimenti si dimezzerebbero come per incanto, all’ istante.
Introduco adesso il secondo elemento semplice (con riferimento al post di Andrea, ma comunque collegato): la comunicazione su Internet. Qui è proprio l’estrema semplicità, unita all’ immediatezza a complicarci la vita. Controsenso ? No. Conseguenza. Unite quello che sto per scrivere alla storia dell’ abuso dell’ italiano e fermatevi un attimo a pensare: avete presente l’ ultimo spot dell’ iPhone, quello dove si pubblicizza come una fantasmagorica e utilissima novità quella di poter eliminare i messaggi all’ istante se avete scritto una stronzata tipo “ho ammazzato il camaleonte” ? A parte che solo Apple riesce a “rivendersi” come exclusive feature una cosa che ogni applicazione di messaggistica fa già da anni, ma il punto è: ci rendiamo conto o no, porca troia, che questa cazzo di frenesia del comunicare tutto e subito crea più problemi di ogni altra cosa al mondo, soprattutto in caso di persone che già dovrebbero contare fino a milleuno prima anche solo di pensare di aprire bocca ?
Voglio dire, già abbiamo evidenti difficoltà ad usare le parole giuste, aggiungiamoci gli inevitabili casi di “maleducazione” o di “carenza di educazione”, buttiamoci dentro un pizzico di sindrome del “leone da tastiera” (che ci sta sempre bene), uniamo l’ immediatezza del messaggio inviato senza riflettere come fosse una gara ed otterremo una miscela esplosiva senza pari.
E anche qui, in conclusione vi chiedo: sono solo io che noto ‘sta cosa ?
Eppure la soluzione semplice secondo me esiste. E qui mi ri-ripeto:
- Pesare le parole, non vergognarsi di cercare la definizione se non si è sicuri, mai essere troppo sicuri;
- Avere rispetto del prossimo e pretendere rispetto dal prossimo: se no è inutile comunicare;
- Mai e poi mai dire in Rete qualcosa di cui non si è convinti e soprattutto mai rivolgersi a qualcuno in Rete in un modo diverso da quello che si userebbe se ce l’avessimo di fronte in carne ed ossa.
- Nel dubbio, tacere. Si risparmia tempo e lo si fa risparmiare agli altri.
Come d’abitudine, sono partito con una cosa in testa e sono arrivato ad una completamente diversa, ma vabbè, il senso s’è capito, no ? E’ uno dei motivi per cui non riuscirò mai a scrivere un libro: non mi faccio gli schemi 😉
Pretendi troppo dagli unami.
Dici, eh ?
Eppure sarebbe così semplice, davvero…
Lo sappiamo, ma conosciamo anche gli umani.
i virus ragionerebbero meglio e tentano di dimostrarcelo da almeno quarant’anni cercando di prendere potere sul mondo. Siamo noi umani a comportarci male con loro e quindi si comportano in modo ostile con noi! [nota: ma perché nei blog in giro quando contribuiamo facciamo sempre i seri? Con questa siamo tornati allo stile del mondo positivo]
A me il Candido di Voltaire mi fa una pippa 😉
Unico vantaggio è che nell’ 80 % dei casi posso ancora organizzare un’ adeguata reazione quando la mia buona fede viene “tradita”. Andando avanti con l’età non posso fare previsioni, ma finchè mi rinnovano il porto d’ armi sto a posto. 😀
Comunque, almeno noi che ne siamo consapevoli, lo facciamo. 🙂
Sono Gifter. Il polo positivo dell’atomo.
Grazie della fiducia per aver pensato ad agganciare due autori in una volta sola! Non sappiamo come esserti utili ma proveremo anche questa.
Tu parli di persone che non leggono i dizionari e ha senso, io credo invece che molti (specie nell’ambiente del giornalismo e la comunicazione) sappiano alla perfezione quello che dicono e soprattutto dove vogliono arrivare. Su “disabilità” e “handicap” preferisco lasciar parlare la collega qualora abbia voglia, ma peggio di chi non pesa le parole perché ne ignora il significato c’è chi le pesa e come, poi sceglie quelle sbagliate appositamente per veicolare un messaggio specifico mostrando all’esterno l’intenzione di lasciarne un altro.
Lo so forse sono più complicato di Alberto quando parlo ma voglio portare un esempio che mi riguarda da vicino per spiegarmi: lo spot di fine anni 80 lanciato dal ministero della salute quando per l’AIDS si moriva come mosche.
Uno dei messaggi pubblicitari datato 1988, iniziava così:
“non è facile ammalarsi di AIDS. Non si trasmette con un bacio, o con una stretta di mano, scambiandosi un bicchiere o usando le stesse posate. Si trasmette coi rapporti sessuali NON PROTETTI”
Eppure il messaggio rimasto impresso nell’opinione pubblica è l’alone viola che tramite sorrisi e abbracci passa da una persona all’altra, quel “se lo conosci lo eviti” diventato ormai un mezzo proverbio, anziché interpretato con “se sei informato puoi fare quello che vuoi con chi vuoi ma eviti la morte”, grazie a quel cazzo di alone viola è passato come “se conosci una persona che ti dice di essere positiva all’HIV stalle alla larga”.
Siccome la sierofobia (stigma ai danni delle persone con HIV) vanno di pari passo, a questi “comunicatori” non sembra vero spingere in quella direzione! E ancora oggi è così.
A rischio di sembrare semplicistico ti dirò come la penso sull’ HIV e sull’ AIDS: a suo tempo qualcuno (all’ inizio, poi molti) trovò come da sempre accade (e come continua ad accadere) il modo di fare soldi con una disgrazia, sulle spalle dei disgraziati.
Quando apparvero all’ orizzonte occasioni di “business” più ghiotte e più aggiornate, tutti gli “impegnati” dell’ AIDS si dedicarono ad altro, sottraendo fondi e risorse e lasciando nella merda e con il cerino in mano tutti quelli che avevano bisogno di aiuto (e non di Aiuti, if you get what I mean).
Per fortuna anche in un campo circense come la medicina c’è gente che ha coscienza e competenza e se qualche progresso si è fatto lo si deve a loro, non certo ai carrozzoni (anche mediatici) che si misero su all’ epoca.
Quando in uno dei miei articoli di invettiva relativi al “coviddi” scrissi fra le altre cose “non è l’ AIDS” stavo rilevando fra le righe esattamente questo concetto del “fare soldi con le disgrazie”, notando con dispiacere che ormai ci si attaccava pure alle influenze.
Soldi, speculazioni, i “poveri disgraziati” su cui i Poteryforty si riempiono le tasche sono quelli SENZA l’HIV! Avete capito negativi? Volete tenervi il segno meno? Allora sborsate! ➖🤑💰💸💶💳
Sono ironico e irriverente come al solito ma di fatto non sto scherzando perché per noi già HIV positivi gli antivirali costano intorno ai 500 euro al mese ma ci arrivano a carico dell’ssn. Invece la Prep (profilassi pre-esposizione) farmaco che previene il rischio HIV in chi è negativo, in Italia non è rimborsabile dal sistema sanitario nazionale e neppure tutti gli esami contro le malattie sessualmente trasmissibili previsti dal regime di profilassi: hai una vita sessuale attiva e tieni alla tua salute? Affari tuoi paga o rinuncia al sesso. Per non parlare dell’approccio paternalistico in quella poca educazione sessuale a scuola fondata sul “non fare” piuttosto che “come fare”.
La Prep non è comunque una passeggiata ma è una soluzione in più da tenere in considerazione oltre ai profilattici che comunque bisognerebbe usare per evitare le altre malattie sessuali.
Non sono state fatte mai campagne efficaci in Italia per far conoscere questo sistema né tanto meno la TasP -Treatment as Prevention- cioè la possibilità per le persone già positive di scoprirlo sufficientemente in tempo da iniziare subito la cura antivirale che inibisce la trasmissione sessuale del virus. Qui se io dico “U=U” mi guardano tutti strano e chiedono quale sigla informatica sia; Google aiuta ma all’estero “Undetectable Untransmittable Non rilevabile non trasmissibile” è un concetto assodato!
Paradossalmente lo stato (volutamente minuscolo) non fa pressoché nulla per investire sulla prevenzione e sui test preferendo pagare 10 volte tanto i farmaci quando una persona contrae l’HIV in modo perfettamente evitabile. Piangono il morto col Valentino Talluto della situazione ovvero un caso limite che conti sulle dita di un artificiere, ma l’immobilismo è scandaloso quando si tratta di voler eliminare il vero problema: l’HIV sommerso. Tutte le persone inconsapevolmente positive perché il test HIV non è mai incluso negli esami di routine salvo casi eccezionali di interventi o donazione di sangue, poi lo trasmettono in giro e lo scoprono quando sono già in AIDS e in certi casi è pure tardi come con Stefania Gambadoro – https://www.plusbrothers.net/stefania-gambadoro-morta-sierofobia
Io non sono arrabbiato col mio ex che probabilmente neanche sapeva di essere positivo né mi sento di dargli la colpa perché se lui ha avuto la sfortuna di contrarre l’HIV anch’io sono in parte responsabile per averlo perdonato quando era imperdonabile, essermi fidato di lui quando diceva “è stato solo uno sbaglio” anche se mi tradiva continuamente e non essermi imposto nel volere le precauzioni.
Ammesso e concesso che sia utile avercela con qualcuno me la potrei pigliare con la burocrazia: la Prep esiste negli Stati Uniti dal 2012 e qui è arrivata nel 2018. Io sono positivo dal 2013 e il tempismo mi fa parecchia rabbia ma è andata così e pazienza perché alla vigilia del mio decimo virussanno penso che l’Alessandro di prima tutto sommato non mi manca: ero meno responsabile della mia salute, meno sensibile a certi temi, meno razionale, MENO. E basta. Finché è arrivato l’essere invisibile che chiamo Harold [per esteso Harold Igor Vincent] con le sue modalità discutibili però mi ha insegnato ad avere più rispetto di me stesso e degli altri.
Comunque sia la mia speranza è che venga data la possibilità a più persone HIV negative di essere più consapevoli e scegliere i metodi di prevenzione più vicini alle proprie esigenze. E lo stigma non lo è.
Gifter.
Comunque quell’ alone viola con quella musichetta da incubo del cazzo di sottofondo è entrata nell’ immaginario collettivo come una spada. Tutti i geni della comunicazione che ci sono oggi, messi insieme, non riuscirebbero comunque a fare di meglio.
Mi è tornata in mente una cosa, e stasera se ci riesco vado a frugare in giro per vedere se ho conservato l’ oggetto di cui sto per raccontare:
Facevo le medie, quindi parliamo di un periodo che va dal 1980 al 1983, non riesco ad essere più preciso, ma ricordo che mia madre (che aveva naso per certe cose) ritagliò e mise da una parte un mezzo colonnino di una dodicesima pagina di non so quale giornale dove si parlava della “scoperta” di una malattia trasmissibile che causava grave immunodeficienza negli esseri umani, ancora non categorizzata. Ricordo perfettamente che mi disse: “questa cosa teniamocela da parte, perchè se è davvero come dice qui saranno cazzi amari”.
Se lo ritrovo lo scannerizzo e lo posto qui.
Maledetti guarda! Con tutto lo stigma che ancora va avanti ai danni di noi HIV positivi io farei pagare i danni a quei bastardi.
Solo che provando a distaccarmi dall’esperienza e mettendomi nei loro panni non saprei cosa farei: all’epoca si moriva davvero come mosche e se sei un politico che deve fare i conti con la morte non ti fai scrupoli né ipotesi su possibili danni che la tua campagna informativa possa causare a chi è coinvolto nella situazione. Lì c’è da agire nell’immediato e se ritieni la paura un modo per salvare anche una sola vita, la sfrutti all’ennesima potenza.
1983? Sì ancora si sapeva davvero poco-niente e pensa che ho un caro amico positivo da allora infatti abbiamo deciso di organizzarci per celebrare io il decimo lui il quarantesimo virussanno. Fin qui siamo arrivati e ora vedremo il dopo!
[Elettrona]: sui danni cagionati dall'”alone viola” la penso come Gifter, ma da esperienze lavorative so che la comunicazione pubblicitaria è tendenzialmente cinica e arriva all’obiettivo a tutti i costi, senza porsi il problema degli effetti avversi.
Io sono HIV negativa e quando giravano quegli spot frequentavo le elementari e con “la scusa” che non ci vedo, mi dicevano sempre “non rotolarti sul prato! Non toccare in giro! Le siringhe! L’aiddiesse e si muore!” Naturalmente lo facevo lo stesso perché gli altri non avevano cambiato mai abitudini e nessuno era morto. Finché ho effettivamente perso un’amica, nel 1990, per leucemia.
Mi dicevano che l’AIDS si prendeva facendo l’amore, ma che anche i bambini nascevano così, e per un po’ sono stata convinta che presto sarebbe finito il mondo. Finché la maestra, incinta col pancione, mi disse che l’AIDS si prende se fai l’amore con le persone “sbagliate”. Lì ho iniziato a fare domande scomode, tipo “l’AIDS è una malattia e quando è morta la Chiara mi avete detto che le malattie non guardano in faccia chi sei, se devono colpirti ti colpiscono. Allora l’AIDS è un virus che ci vede? Un virus che sa dove andare? Perché dio ha dato la vista a un virus e non a me?” Silenzio di tomba.
Solo alle medie, tra i compagnetti maschi che iniziavano a parlare di preservativi, e la prof di scienze, ho capito che si poteva anche fare l’amore con una persona “con l’AIDS” senza prenderlo. Avevo 12, 13 anni, Freddie Mercury era appena morto e ho giurato ascoltando le sue canzoni che non avrei permesso alla paura di fare danni a me, o a chiunque mi stesse intorno. Sono passati trent’anni da allora, ed eccomi qui col Mondo Positivo che grazie a uno dei miei amici più cari è uscito dal cassetto dove stava dal 1997, se non addirittura prima.
Il “Mondo Positivo” è una idea mia, di fatto, risale alla mia adolescenza il sogno di creare un mondo di fantasia al contrario per far riflettere sulla discriminazione, dopo aver letto alcune storie ambientate in contesti in cui era l’umano a sentirsi emarginato dalle creature regnanti.
Conosco diverse persone che vivono con HIV e che apprezzano l’idea, ma Alessandro “gifter” è stato l’unico a crederci, mostrare entusiasmo vero, stare al gioco e darmi suggerimenti validi. Dagli altri ho la stima e il supporto, ma nessuno mai ha preso l’iniziativa per consigliarmi una storia o un personaggio, amen.
Un aneddoto sull’alone viola: i primi tempi in cui usavo Internet, mi molestavano a oltranza con richieste sessuali esplicite, così per fargli paura pensai di mettermi “alone viola” come nick. Convinta, sbagliando, che in chat fossero presenti solo italiani e scappassero via appena compreso il riferimento simbolico.
Risultato? Mi sono trovata il doppio di importunatori perché “alone” in lingua inglese vuol dire “solo/sola” quindi “alone viola” era il presupposto per illudersi di avere a che fare con una donna in cerca di compagnia. E se Violet Alo è la frase tradotta, però, non ho avuto modo di sapere se all’estero avessero fatto campagne con i medesimi simboli.
A p4oposito di ineducazione, leoni da tastiera e il che c’è m9do e m9do di esprimere i propri concetti, mi trovi d’accordo perchè anch’io noto 1ueste cose e a tale proposito ho programmato un post sul mio blog che uscirà domani e non è che te lo dico per invogliarti domani a leggerlo, ma soltanto perché avevo pensato poi di condividerlo qui, ma poiché hai espresso tu tutti i concetti necessari non lo condividerò, passerò prossimamente col scrivere o condividere qualcosa per questo blog, m8nspiac3 m8 hai battuto sul tempo 😉
NEL DUBBIO TACERE. Dovrebbe essere inciso nella pietra come undicesimo comandamento.
Dodicesimo… l’ undicesimo posto rimane occupato dall’ inscalfibile ed inossidabile “fatti i cazzi tuoi. Confucio” (cit.) 😀
Ecco: nel dubbio tacere. Dovrei metterlo in pratica, invece mi viene da dire una cosa, che è lì sulla punta della lingua e vuole uscire a tutti i costi… Quello che hai scritto è giustissimo, ma credo che spesso, anzi molto spesso, ci sia anche una certa mala fede da parte di chi ascolta e si sente offeso o ferito da parole che magari sono state dette in perfetta buona fede, o comunque senza alcuna intenzione di offendere. Invece il beneficio del dubbio non viene quasi mai concesso.
[Elettrona] – ci sono personaggi che usano ogni pretesto per attirare l’attenzione e sminuiscono chi vuole davvero sensibilizzare sul rispetto verso gli altri.
Innegabile l’esistenza di parole finalizzate a offendere, che quindi non debbano essere usate: dire “figlio di pu…”, mi si spieghi per quale ragione se te la devi prendere con qualcuno insulti sua madre e non lui.
Ma allo stesso modo esistono espressioni che oggi sono fuori contesto ma non usate con l’intenzione di aggredire: “se mio nonno avesse le ruote sarebbe un carretto” non è impiegato per ridicolizzare le persone con disabilità; è anacronistico casomai, ma non offensivo.
Io per non sbagliare ho sempre usato: “se mio nonno aveva cinque palle era un flipper”. Eheheheh… 😉
Anch’io ma erano tre. Gifter.
E se andiamo avanti così penso che prima o dopo il personaggio multipalla nel Mondo Positivo salterà fuori tipo Severino Tripalle super ricercato da donne e gay in tutta Bugliano ma che non si spoglia mai
E’ vero. Mi hai ricordato questa cosa e devo rettificare. Il detto originale era con tre palle, ne avevo aggiunte due e la frase completa era “Se mio nonno aveva cinque palle era un flipper con lo special” 😀 😀 😀
Allora c’è il dibattito: Severino Palla quante ne ha? Tre o cinque? Pensa che giro di scommesse e soldi per chi lo fa spogliare e dopo si passa alla conta. Naturalmente la condizione è che una volta spogliato può vederlo una persona sola alla volta.
Il mondo della rete è complicato ed è facile essere fraintesi .
I primi tempi del blog ho spesso discusso con insulti (simpatici) oggi capita raramente-
Ho visto che ci sono persone che non aspettano altro per fare inutili discussioni senza cercare di capire le idee degli altri-
No admin, non sei affatto il solo che noti ‘ste cose….
Come spesso ironizzo (manontroppo), con Fucking humans
In addition to the dangerousness of living on earth today,
the world is actually getting to be a really fucked up place to survive.. Personalmente fa male dentrodentro.
Elettrona qui. A scoppio ritardato perché ho mille impegni, ma spero di poter essere utile in questo blog.
Non mi ripeto su disabilità e handicap qua per non togliere spazio agli altri siti web, e perché c’è chi ne parla melio di me (non è un errore di scrittura!)
https://www.fanpage.it/attualita/parlare-di-disabilita-quali-sono-le-parole-corrette-da-usare/
Io me la prendo perché la gente usa le parole in modo passivo, convinta che se la burocrazia/giornale/tv dice così, allora così è giusto.
Ma sono sicura che se più di qualcuno provasse a ragionare sulla storia di certe parole o modi di dire, smetterebbe di usarli.
Qualcuno mi accusa di sponsorizzare il “politically correct” (parola che sta sempre in mezzo come il giovedì) o la fantomatica “cancel culture” quando faccio notare che certe espressioni sono prive di senso.
“Se mio nonno avesse le ruote sarebbe un carretto”, sta a indicare un’ipotesi implausibile, uno sterile gioco del “se fosse” che non porta lontano e da ridicolizzare. Proverbio cresciuto chissà quanti secoli fa quando già era difficile diventare anziani, e chi aveva una disabilità alle gambe veniva rinchiuso se non addirittura peggio.
Al contrario nel 2023 è consuetudine vedere persone anziane che si muovono su carrozzina, sedia a rotelle o deambulatore, ausili indispensabili per mantenere la loro seppur parziale autonomia e, in qualche modo, libertà. Quindi non mi stupirei se al proverbio in questione un anziano che si avvale di questi aiuti dica “eccomi qua! Sono un carretto! E allora?” Avrebbe ragione.
Non è questione di “cancel culture” o offese, ma che se la lingua italiana è “ricca”, lo sia anche nell’evoluzione e la lingua è il primo segnale di una società che voglia o meno evolvere.
E a proposito di parole, anche “coglione” viene usato male: “sei stupido”, “sei una persona che vale poco”.
Invece a Venezia “el cojon” è qualcosa di diverso: chiamato così perché probabilmente ha la forma del testicolo ma è una sporgenza che serviva per tenere in piedi i ponti. Un qualcosa che non si vede dall’esterno ma senza il quale il ponte crollerebbe. Quindi, far la figura del cojon vuol dire di fatto essere importante ma dover, per qualunque motivo, stare nascosto e non potersi muovere da quella posizione. Spiegazione del cojon sta su un video di un divulgatore sul dialetto chiamato Giovanni Giusto.
Aggiungo. Il delirio del “politically correct” arriva quando per esempio qualcuno dice “sei una donna, non puoi dire che ti girano le palle”.
E invece lo dico e come, perché “le palle” non c’entrano coi genitali maschili anzi indicano i proiettili che per causare più danno sul bersaglio venivano letteralmente girati. Se si fosse meno ignoranti non ci sarebbe chi abbaia al “politically correct” in ogni dove, né accusando gli altri di usarlo né abusandone per primi. Dopo, se sei pacifista e ti dà fastidio usare espressioni correlate alla guerra, nessuno ti obbliga a usarle ma almeno conoscile.
a proposito di “usa il dizionario” suggeriamo un sito dove ci sono un sacco di spiegazioni riguardo a parole, proverbi, modi di dire.
https://italianosemplicemente.com/
[Elettrona, ancora] – presa dal discorso sulle parole mi era sfuggita una cosa importante riguardo un esempio che Alberto ha fatto:
Apple che pubblicizza sull’iPhone la possibilità di eliminare e modificare i messaggi? Ma siamo fuori di testa? Il mio iPhone ha l’età del tuo blog! No, non il telefono; dal 2010 a ora sono passata dal 3GS all’iPhone 13 pro max.
Però no, cazzo. Loro non pubblicizzano quello che effettivamente l’iPhone ha e gli android fanno parecchio male, cioè le funzioni di accessibilità per le persone con disabilità visiva e motoria. No, non fanno vedere il sensore lidar sul pro max che se attivi l’apposita funzione, davanti alla porta col cartello “bagno delle donne”, ti legge “bagno delle donne” a voce alta. Non mostra negli spot che una persona non vedente usa il touch screen in autonomia perché Apple è stata la prima a implementare gesture e feedback vocale in contemporanea quando prima i vari Windows Mobile che c’erano lo facevano ma zoppicavano, e Android anche il top di gamma zoppica tutt’ora.
No. Non ti mostrano l’app zuzanka, un’app di terze parti che legge le scadenze di alimenti e medicinali grazie alla fotocamera. E quindi, anche se non ci vedi, una buona fotocamera sullo smartphone diventa il tuo occhio. Questo i Potery Phorty non cielo dicono! Ti fanno vedere che modificano e eliminano i messaggi! Guarda, se ci fosse ancora vivo Jobs gli avrebbe dato tante di quelle botte a quelli del marketing, che metà basta perché è anche colpa loro se su Internet è pieno di stronzi che mi chiedono “come fai a usare lo smartphone se non ci vedi sei sicuramente un fake”. Colpa loro se poi certa gente mi dà della pazza perché mi prendo il “telefono” che costa di più; peccato che non sia, un telefono! Per me è un ausilio, al pari delle protesi in titanio per le gambe degli atleti paralimpici senza le quali non possono muoversi.