Recensione libresca: “Gomorra” Roberto Saviano.

Raccontare la verità nuda e cruda, a volte, può essere difficile ma Saviano non ha avuto paura e il suo libro ne è la dimostrazione.

Titolo: Gomorra. Viaggio nell’impero economico e nel sogno di dominio della camorra.

Autore: Roberto Saviano.

Genere: romanzo realistico, saggio, romanzo d’inchiesta.

Pagine: 405 (formato ebook); 331 (formato cartaceo).

Dove reperirlo: app Apple Books; Google Play Libri; https://www.amazon.it; https://www.ibs.it; https://www.mondadoristore.it; https://www.lafeltrinelli.it; https://www.kobo.com; https://www.libraccio.it; https://www.giuntialpunto.it; https://www.bookrepublic.it; https://www.libreriauniversitaria.it; https://www.unilibro.it (formato ebook); https://www.amazon.it; https://www.ibs.it; https://www.mondadoristore.it; https://www.lafeltrinelli.it; https://www.libraccio.it; https://www.Ebay.it; https://www.libreriauniversitaria.it; https://www.unilibro.it; https://www.giuntialpunto.it (formato cartaceo) e probabilmente anche nelle biblioteche della vostra città/del vostro paese.

Trama: Nell’Aprile 2006 il mondo editoriale italiano è stato sconvolto da un bestseller clamoroso e inaspettato, trasformatosi in poco tempo in un terremoto culturale, sociale e civile: Gomorra. Un libro anomalo in cui Roberto Saviano racconta la camorra come nessuno aveva mai fatto prima, unendo il rigore del ricercatore, il coraggio del giornalista d’inchiesta, la passione dello scrittore e, soprattutto, l’amore doloroso per una città da parte di chi vi è nato e cresciuto. Per scriverlo si è immerso nel “Sistema” e ne ha esplorato i mille volti. Ha così svelato come, tra racket di quartiere e finanza internazionale, un’organizzazione criminale possa tenere in pugno un’intera regione, legando firme del lusso, narcotraffico, smaltimento dei rifiuti e mercato delle armi. Gomorra è un libro potente, appassionato e brutale, un viaggio sconvolgente in un mondo in cui i ragazzini imparano a sparare a dodici anni e sognano di morire ammazzati, in cui i tossici vengono usati come cavie per testare nuove droghe. Pagine che afferrano il lettore alla gola e lo trascinano in un abisso dove nessuna immaginazione è in grado di arrivare.

Piccolo avviso: questo non è un libro per stomaci deboli. Persino io, che quando leggo non sono facilmente impressionabile, ho dovuto fermarmi varie volte perché quello che si legge in questo romanzo d’inchiesta è davvero sconvolgente e farebbe venire gli incubi anche alla persona meno impressionabile di questo mondo.

Detto questo veniamo alla recensione: nel libro Gomorra, scritto da Roberto Saviano, l’autore racconta in prima persona quello che vuol dire vivere dove la camorra “allunga i suoi tentacoli” e spadroneggia in qualsiasi ambito e qualsiasi ambiente. Non c’è attività, città o paese campano in cui la camorra non abbia messo le mani e faccia sentire la sua costante presenza tra la popolazione. Per chi non lo sapesse la camorra è un’organizzazione criminale italiana a connotazione mafiosa. Dai boss che dominano sui vari territori agli affiliati che ingigantiscono le fila di questa organizzazione, che loro chiamano “Sistema”, è una continua “lotta per il potere” dove il controllo del territorio, il predominio sulle altre famiglie di mafiosi, quasi in una continua sfida a dimostrare di essere”i più forti” e nel corso degli anni il rinnovamento e l’ascesa di nuove famiglie sono quasi, se non sempre all’ordine del giorno. La camorra è un cancro che si diffonde e sparge le sue “metastasi” tra la popolazione che, impaurita e spesso anche complice, finge di non vedere e non sentire quello che accade, assicurandosi così la protezione dei camorristi. Persino i politici locali fanno affari con la camorra e questo ha portato, nel corso degli anni, allo scioglimento di varie giunte comunali perché i politici erano complici dei camorristi. Ma se si pensa che la camorra agisca solo in Italia ci si sbaglia di grosso: questa organizzazione ha trovato il modo di collaborare con gruppi mafiosi di altri paesi e gli affari che trattano sono molteplici: droga e armi tra i più richiesti. Non è facile vivere dove la camorra impera e per questo Saviano ha voluto raccontare, fin nei minimi particolari e senza nascondere nulla, tutto quello che succede e come si vive nella terra dominate dai camorristi. Un romanzo che ha provocato le ire dei boss che vorrebbero vedere questo scrittore morto ma la lotta per la verità e la giustizia è stata più forte delle minacce e con questo libro Saviano ha voluto raccontare tutto, perché la verità è l’arma migliore con cui combattere, perché la giustizia possa un giorno trionfare sulla criminalità e sui criminali.

Voto alla fine della lettura del libro: 9.

👍 ho ammirato molto il coraggio che Saviano ha avuto nel voler raccontare, senza nascondere nulla, la situazione che il popolo campano è costretto a vivere a causa di questo cancro schifoso chiamato camorra; è un libro brutale, potente ma che informa a 360º chi lo legge; Saviano, scrivendo questo libro, insegna che non bisogna mai avere paura di raccontare la verità e che il coraggio può essere più forte della paura.

👎 ho trovato disgustoso, addirittura vomitevole e nauseante il modo in cui una parte delle persone si rende complice, con il loro silenzio, alle attività criminali della camorra. Una sorta di “Non vedo, non sento, non parlo” che non è giustificabile perché davanti ai crimini commessi dalla camorra non si può girare lo sguardo da un’altra parte ma bisogna avere il coraggio di denunciare, proprio come Saviano ha fatto con il suo libro.

E voi avete già letto “Gomorra” di Roberto Saviano? Provate, per un attimo, a mettervi nei panni di Roberto Saviano: avreste avuto anche voi il coraggio di fare quello che ha fatto lui, raccontando tutta la verità?

Aspetto i vostri commenti. 🙂

Morire di AIDS negli anni 2000: la storia di Stefania

[A cura di: Gifter, da Il Mondo Positivo]

Di HIV e AIDS i media generalisti non parlano più e, se lo fanno, usano la solita narrazione tossica e stigmatizzante sui casi limite di (presunte) infezioni intenzionali. Sbattere il “mostro” in prima pagina, piangere le persone morte o rimaste positive in modo evitabile, arresto dell’abusante poi sipario. E l’HIV è sempre un problema degli altri fino alla prossima volta. Anche la storia che sto per condividere è un caso limite, però la narrazione rassicurante del “mostro” sbattuto in prima pagina non aiuta ad affrontare la radice del problema cioè la sierofobia della quale sono responsabili in buona percentuale tutte le campagne divulgate con audio anche esplicativi ma con quel dannato alone viola che passava da una persona all’altra – e qui la mia collega Elettrona ha avuto il vantaggio perché la mancanza della vista l’ha messa al riparo da certa merda facendole memorizzare solo le cose giuste -.

E qui nessuno si permetta di dire che bullizzo la mia amica se parlo di “disabilità come vantaggio” perché è la volta che diventerei una belva; non voglio offendere gli altri, tanto meno una delle persone a cui voglio più bene al mondo; prendo solo atto che spesso le campagne pubblicitarie anziché trasmettere lo stesso messaggio indipendentemente dalle capacità sensoriali, veicolano alcune informazioni visive e l’audio dice il contrario. Ci ho proprio fatto caso con Elettrona quando mi ha chiesto di chiudere gli occhi di fronte allo spot di un’agenzia di viaggi il cui audio era un telefono che squillava a vuoto, e poi la voce metallica “l’utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile”. Se chiudi gli occhi e non guardi le foto delle persone in vacanza, il messaggio sonoro di quello spot è “cazzo ma questi non rispondono mai! Col fischio che li chiamo!”

Con le pubblicità “progresso” anni 80 e 90 hanno fatto la stessa cosa: se l’audio forniva quelle che all’epoca erano le informazioni corrette disponibili, guardare quell’alone viola trasmetteva un messaggio diametralmente opposto: “dai sieropositivi stai alla larga” infatti cos’è rimasto impresso di quell’audio? La musica di fondo (“oh superman” di Laurie Anderson) e “se lo conosci lo eviti” quindi a lungo andare, sierofobia portami via!

“E che noia un altro termine? Omofobia grassofobia e adesso sierofobia? Avete rotto con ‘sto politicazzolacorrect!”

Nessun politifilmmentalecorrect, qui si sta identificando un fenomeno in quanto dargli un nome è il primo passo per imparare a riconoscerlo, ammetterlo anche a se stessi, e combatterlo: lo stigma sociale ai danni delle persone con HIV che in più casi di quanto si creda, trasforma in carnefici le stesse vittime. Sempre volendo ammettere come accettabile il termine “vittima” perché cazzo anch’io ho il virus in corpo, e sono stato discriminato più o meno pesante da qualche sierofobico demmerda però non mi sento vittima perché so difendermi e metterli tutti quanti al loro posto. Forse nel mio caso è il virus la mia vittima, mica mi ha dato il consenso per vedersi incatenato dai farmaci! Né ho la sua autorizzazione per bloggare a quest’ora! Se lui invece preferisse guardarsi Netflix? Qui bisogna per forza dare voce a cHIVoce non ha! E niente, neanche nei post seri riesco a smettere di fare il burlone perché l’alternativa sarebbe incazzarsi con mezzo mondo a causa della sierofobia mediatica e alla fine starei male soltanto io, mettendo a disagio anche i lettori.

Ma siete proprio sicuri che sia corretto dare dell'”untore” così a scatola chiusa? Tutti si indignano quando si leggono certe vicende di cronaca però io vorrei si riflettesse di più perché una narrazione scorretta danneggia in primis chi subisce determinati attacchi di predatori sessuali senza scrupoli, perché è quello e solo quello il loro nome. Probabilmente se certi personaggi fossero stati negativi all’HIV avrebbero usato l’acido, i coltelli, dio bono non fatemi pensare altro.

Lascio tutti alla storia di Stefania Gambadoro, una donna uccisa più volte: dalla sierofobia dei medici che ha permesso all’HIV di non essere individuato in tempo permettendogli di andare in AIDS, dall’uomo che l’ha tradita nel peggiore dei modi curandosi solo sulla carta e rimanendo capace di trasmettere il virus non solo a lei, e dalla burocrazia. Ma è anche la storia di Silvia Gambadoro, sorella di Stefania che vuole lottare fino in fondo per darle almeno giustizia.

Morire di AIDS nel 2017 dopo che i pregiudizi dei medici hanno ritardato la diagnosi. Stefania Gambadoro è morta di stigma, di sierofobia.

Stefania Gambadoro, morta di sierofobia

PICCOLE E GRANDI COSE – REITERAZIONE DI UN’ OFFERTA.

Questo è un post “duplicato”, nel senso che non molto tempo fa avevo scritto qualcosa di simile, ma il Blog scorre (come il tempo) e qualcosa ogni tanto mi piace riportarla a galla.

La premessa è semplice: arrivato all’ età a cui sono arrivato (che non è niente di che, ma si difende), ho notato che molte volte basta veramente poco per dare una mano al prossimo: ho visto che cose che per una persona sembrano ostacoli insormontabili per un’ altra sono di facile soluzione e viceversa.

Nella vita mi è spesso capitato di trovare la persona “giusta”, esporle un problema che mi assillava magari da anni e sentirmi dire: “tutto qua ? Potevi dirmelo prima, dai, fai così e hai risolto“.

Per lo stesso motivo, tante volte mi è successo di essere proprio io la persona “giusta” per qualcun altro, e di dare il mio aiuto senza che per me fosse in alcun modo uno sforzo o un problema.

So che sembra strano, ma oggi è la seconda volta che ci penso (per due motivi diversi) e siccome dietro il “ranocchio verde” c’è una persona reale, volevo solo ricordare che questa persona (la stessa che ieri ha dichiarato di essere in debito con tutti voi) è disponibile ad aiutare, se pensate possa servire.

No, non è una fregatura. Non sono un “santone”, non sono un adescatore, non sono un truffatore, campo tranquillo e mangio del mio.

Nel limite delle mie possibilità, se serve, sarei felice di dare una mano.

Lo so che così sembra tutto strano, ma dico davvero. Io sto qua.