[A cura di: Gifter, da Il Mondo Positivo]
Di HIV e AIDS i media generalisti non parlano più e, se lo fanno, usano la solita narrazione tossica e stigmatizzante sui casi limite di (presunte) infezioni intenzionali. Sbattere il “mostro” in prima pagina, piangere le persone morte o rimaste positive in modo evitabile, arresto dell’abusante poi sipario. E l’HIV è sempre un problema degli altri fino alla prossima volta. Anche la storia che sto per condividere è un caso limite, però la narrazione rassicurante del “mostro” sbattuto in prima pagina non aiuta ad affrontare la radice del problema cioè la sierofobia della quale sono responsabili in buona percentuale tutte le campagne divulgate con audio anche esplicativi ma con quel dannato alone viola che passava da una persona all’altra – e qui la mia collega Elettrona ha avuto il vantaggio perché la mancanza della vista l’ha messa al riparo da certa merda facendole memorizzare solo le cose giuste -.
E qui nessuno si permetta di dire che bullizzo la mia amica se parlo di “disabilità come vantaggio” perché è la volta che diventerei una belva; non voglio offendere gli altri, tanto meno una delle persone a cui voglio più bene al mondo; prendo solo atto che spesso le campagne pubblicitarie anziché trasmettere lo stesso messaggio indipendentemente dalle capacità sensoriali, veicolano alcune informazioni visive e l’audio dice il contrario. Ci ho proprio fatto caso con Elettrona quando mi ha chiesto di chiudere gli occhi di fronte allo spot di un’agenzia di viaggi il cui audio era un telefono che squillava a vuoto, e poi la voce metallica “l’utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile”. Se chiudi gli occhi e non guardi le foto delle persone in vacanza, il messaggio sonoro di quello spot è “cazzo ma questi non rispondono mai! Col fischio che li chiamo!”
Con le pubblicità “progresso” anni 80 e 90 hanno fatto la stessa cosa: se l’audio forniva quelle che all’epoca erano le informazioni corrette disponibili, guardare quell’alone viola trasmetteva un messaggio diametralmente opposto: “dai sieropositivi stai alla larga” infatti cos’è rimasto impresso di quell’audio? La musica di fondo (“oh superman” di Laurie Anderson) e “se lo conosci lo eviti” quindi a lungo andare, sierofobia portami via!
“E che noia un altro termine? Omofobia grassofobia e adesso sierofobia? Avete rotto con ‘sto politicazzolacorrect!”
Nessun politifilmmentalecorrect, qui si sta identificando un fenomeno in quanto dargli un nome è il primo passo per imparare a riconoscerlo, ammetterlo anche a se stessi, e combatterlo: lo stigma sociale ai danni delle persone con HIV che in più casi di quanto si creda, trasforma in carnefici le stesse vittime. Sempre volendo ammettere come accettabile il termine “vittima” perché cazzo anch’io ho il virus in corpo, e sono stato discriminato più o meno pesante da qualche sierofobico demmerda però non mi sento vittima perché so difendermi e metterli tutti quanti al loro posto. Forse nel mio caso è il virus la mia vittima, mica mi ha dato il consenso per vedersi incatenato dai farmaci! Né ho la sua autorizzazione per bloggare a quest’ora! Se lui invece preferisse guardarsi Netflix? Qui bisogna per forza dare voce a cHIVoce non ha! E niente, neanche nei post seri riesco a smettere di fare il burlone perché l’alternativa sarebbe incazzarsi con mezzo mondo a causa della sierofobia mediatica e alla fine starei male soltanto io, mettendo a disagio anche i lettori.
Ma siete proprio sicuri che sia corretto dare dell'”untore” così a scatola chiusa? Tutti si indignano quando si leggono certe vicende di cronaca però io vorrei si riflettesse di più perché una narrazione scorretta danneggia in primis chi subisce determinati attacchi di predatori sessuali senza scrupoli, perché è quello e solo quello il loro nome. Probabilmente se certi personaggi fossero stati negativi all’HIV avrebbero usato l’acido, i coltelli, dio bono non fatemi pensare altro.
Lascio tutti alla storia di Stefania Gambadoro, una donna uccisa più volte: dalla sierofobia dei medici che ha permesso all’HIV di non essere individuato in tempo permettendogli di andare in AIDS, dall’uomo che l’ha tradita nel peggiore dei modi curandosi solo sulla carta e rimanendo capace di trasmettere il virus non solo a lei, e dalla burocrazia. Ma è anche la storia di Silvia Gambadoro, sorella di Stefania che vuole lottare fino in fondo per darle almeno giustizia.
Morire di AIDS nel 2017 dopo che i pregiudizi dei medici hanno ritardato la diagnosi. Stefania Gambadoro è morta di stigma, di sierofobia.
Stefania Gambadoro, morta di sierofobia
Sierofobia o semplice incapacità della classe medica di fare il proprio lavoro in maniera decente? Direi che in quest’ultimo periodo la maggior parte dei medici ha dimostrato non solo incompetenza, ma dolo.
[Gifter] – i medici non sono né angeli né tanto meno criminali a priori: tolleranza zero verso le prese di posizione estreme in un senso o nell’altro perché i sanitari sono degli esseri umani con le loro qualità e mancanze esattamente come il postino o il meccanico. Fa rabbia quando finisci nelle mani sbagliate però prendersela a prescindere con un gruppo di persone è sbagliato. Fidati, ho avuto a che fare anch’io con operatori sanitari sierofobici e li ho affrontati a muso duro senza però mai e poi mai denigrare la scienza e medicina che mi salvano la vita. Me la prendo col singolo e gli dico di andare a piantar pali anziché avere a che fare con le persone! Stefania purtroppo è finita nelle mani sbagliate e mi auguro che quelle persone prima o poi paghino ma questo non significa dover considerare criminali tutti i dottori siciliani, italiani, del mondo.
Ovviamente, non criminalizzo tutta la categoria, ci mancherebbe. Penso però che i “buoni” medici siano pochi. Così come in tutte le professioni. Vai a trovare un meccanico di cui fidarti… 😉
Anche di quelli che ti vendono gli spazzolini! Un bel nettalingua con la dinamite e ciao!
Ovviamente cerco di alleggerire un po’ perché riconosco che quando si parla di sanità ed errori la discussione potrebbe appesantirsi, anche perché l’obiettivo del post era più verso gli sbagli mediatici più che quelli sanitari. Senza certe campagne fondate sulla paura del sesso, nemmeno staremmo qui a parlare di sierofobia e Stefania starebbe ancora qui.
E gli idraulici? Vogliamo parlarne?
Oh. Ecco. 😉
Il postino, il fruttivendolo…
No, non vogliamo 😂
la maggioranza degli idraulici non capisce un tubo! [cit.]
Ci butterei dentro anche i pavimentisti che hanno una faccia di marmo.
Fuori dal cazzeggio, su questo ci devo tornare con più calma…
[Gifter] – spero e mi auguro di non aver generato con questo delle discussioni estreme contro la scienza e la medicina perché se così fosse sappiate fin da subito che né io né la collega abbiamo intenzione di dar loro seguito.
Non credo che tu abbia generato nulla di grave, e nel caso non è un problema. Io personalmente non ho niente contro la Scienza e la Medicina, finchè stanno al loro posto e fanno quel che devono. E’ quando si mischiano con cose che non c’entrano niente che cominciano a starmi sul cazzo. E purtroppo succede spesso, diciamo quasi sempre. Ma questa è un’ altra storia.
Sempre per la mia abitudine di giocare a carte scoperte (anche se nel caso in cui vi siate fatti un giro fra i post scritti da me c’è poco da aggiungere), se parliamo di covid e storie correlate io sono no-vax, no-mask ed altre cose “no” e molto ma molto incazzato in merito a tutto ciò che è successo dalla fine del 2019. Questo, dicevamo, fa parte di un’ altra storia. 😉
[Gifter] – l’avevo capito e infatti ho preferito (e preferisco) evitare discussioni in merito: ci rispettiamo per quello che siamo, cercando di tirar fuori uno qualcosa di positivo dall’altro. Anche qui doppio senso stra-voluto ma come ho già detto, sono dieci anni che mi guasto il sangue coi negazionisti di malattie e precauzioni varie e non ho più alcuna intenzione di farlo.
OK, adesso si. Mi serviva il tempo di leggere anche tutto il post collegato, oltre al tempo per riflettere.
Questa cosa (ed il suo racconto da parte vostra) suscita in me una serie di riflessioni diverse e in parte discordanti.
Mi scuserete se per iniziare, ferme restando le responsabilità del pezzo di merda che ha “fatto il danno”, mi sento di derubricare la triste storia di questa donna e archiviarla nell’ immenso mare della cosiddetta “malasanità”. So che dietro c’è una cosa ben precisa (lo stigma della sierofobia) ma per me è malasanità anche quella: un medico degno di questo nome, se veramente è medico ed è fedele al giuramento di Ippocrate semplicemente NON PUO’ essere “sierofobo”. Ritardare o negare una diagnosi od una prestazione o qualsiasi cosa serva a fare quello che i medici devono fare (cioè curare le persone) è un crimine a prescindere dai motivi per cui viene fatto. Per me qui, la sierofobia passa in secondo piano.
Un medico quando è al lavoro deve lasciare fuori dalla porta tutte le sue “fobie”, tutte le sue convinzioni personali, tutte le sue paranoie ed i suoi problemi al cervello assortiti. Se non è disposto a fare questo, meglio che vada a fare il prete.
l’ HIV ? L’ HIV è una merda. E’ un piccolo bastardo infame in grado (quando incontra le condizioni giuste) di fare i danni veri (tipo far morire la gente). E’ una merda, però almeno è una merda sincera e molto semplice da capire. Lui dichiara, sempre, poi se qualcuno fra quelli che lo portano in giro bluffano, quello è un problema loro, non è colpa del virus. Tanto per cominciare è una merda difficile da trasmettere: usa pochissimi mezzi di trasporto (sangue, sperma, secrezioni vaginali, latte materno) ed entra solo dove trova una lesione che gli apra la strada verso il sistema circolatorio. E’ una merda molto facile da individuare, dato che i test per rilevarne la presenza sono stati approntati quasi da subito. Oggi come oggi, inoltre è una merda relativamente facile da “tenere al guinzaglio” una volta che uno se la è portata a casa. Ci si può convivere, ci si può anche mettere nelle condizioni di esser ragionevolmente certi di non trasmetterla ad altri. Però resta una merda, ed è parecchio cattiva, visto che quando riesce a “passare” sono cazzi amari.
Qui il problema purtroppo è stato creato (come sempre) dall’ informazione, o meglio dalla disinformazione, che unita all’ ignoranza vera e alla paura (che caratterizza gli esseri umani dai tempi delle caverne) ha creato il “mostro” all’ inizio – in certi casi appositamente – e poi semplicemente (ooops) si è dimenticata di tornarci su e rettificare quando era possibile e giusto farlo.
Il risultato è che la “ggente” al principio si è fatta delle idee sbagliate (troppo fottutamente sbagliate) e nessuno nel corso del tempo si è preso la briga di utilizzare la stessa enfasi per fargliele cambiare.
Tirando le somme, oggi, anno 2023 la “ggente” pensa dell’ HIV e dell’ AIDS le stesse identiche cose che pensava nel 1985. Erano sbagliate allora, sono sbagliate adesso, con la differenza che quarant’ anni di incancrenimento di queste idee sbagliate le hanno fatte diventare delle verità assolute. Unica nota positiva (nel senso di relativamente buona) è il fatto che l’ oblio ed il disinteresse (dovuti a molti fattori fra i quali quello che grazie ai progressi della ricerca vera, quella utile, per fortuna l’ HIV gira meno e di AIDS si muore meno), hanno fatto sì che almeno il “terrore” si sia un po’ diluito.
[Gifter] – sui medici sierofobici siamo assolutamente d’accordo e potrei raccontarti esempi di operatori sanitari che davvero te li raccomando. Compresa una dermatologa (merdatologa) che tenendosi DUE PAIA di guanti addosso mi sbottò urlando “Non me ne frega un cazzo! Lo dici tu che hai il virus non rilevabile! Non ho mica visto le tue analisi! E poi se tanto mi dà tanto, ho diritto di proteggermi come mi pare e piace!”
Avrei potuto rimanerci male? Piangere? Andare sui giornali e scrivere “sieropositivo discriminato in ospedale”? Dovevo togliermi un po’ di fibromi penduli quegli affari tipo nèi che crescono e penzolano molto fastidiosi. Invece, con nonchalance, le dissi:
“Ah, capisco: grazie che si è messa un paio di guanti in più. Almeno sono sicuro che il suo DNA negativo non inquinerà il mio corpo positivo”. Non ha parlato più. Lo stigma va rispedito al mittente se possibile e quando uno si offende, vuol solo dire stare sulla strada giusta. L’importante è non mancare di rispetto con insinuazioni tipo “tu avrai avuto il posto perché l’hai data a qualcuno” o “cambia mestiere” e compagnia. La rabbia e l’odio ne generano altrettanto e ci si perde anche quando si ha ragione. Io negativa le ho detto! E se la considera un’offesa non so cosa dirle perché, in medicina, “negativo è bene” e “positivo è male”.
L’ex compagno di Stefania è stato davvero un irresponsabile perché tu puoi rifiutare il tuo status HIV quanto vuoi, puoi anche negarlo e vergognartene ma arrivi a nuocere alle persone che ami solo se sei un individuo a cui non ha mai importato della vita umana, anche da negativo. Senza virus quello avrebbe usato l’acido? Le avrebbe messo le telecamere in casa per controllarla? Avrebbe pensato di rovinarle la vita in tanti altri modi? S’è avantaggiato di averne uno “facile da usare” e difficile da individuare. Difatti solo dopo un lungo periodo dalla morte di Stefania hanno capito che il vettore fosse stato lui! Anche io ci ho messo quattro anni ad accettare il mio status per quello che era e i primi mesi anch’io ho preso le medicine in maniera incostante. Col rischio di farmi seriamente del male creando resistenze fra l’altro; ma mi sono tenuto la proverbiale arancia bella stretta in mezzo alle ginocchia in quel periodo perché già mi sentivo io sporco, mai e poi mai avrei accettato di far provare ad altra gente ciò che provavo io perché, HIV o no, ho sempre avuto rispetto per la vita di chiunque! Compresa la persona che me l’ha dato per la quale non ho mai provato odio. A cosa servirebbe?
Quello dei media è un capitolo a parte perché sentir parlare di scienza e tecnologia i giornali generalisti, è da brividi. Nel bene e nel male, tanto più che spesso e volentieri sono le stesse persone coinvolte a farsi strumentalizzare.
Rimanendo sul tema HIV c’è Margherita, all’epoca presidente del Network Persone Sieropositive – non so se lo è ancora fatto sta che rifiutò un’intervista al TG1 sull’HIV perché la redazione voleva camuffarle faccia e voce mentre lei voleva mostrarsi, come ha sempre fatto: “o ci metto la faccia, o niente!”
Stessa cosa accaduta a Elettrona le avevano chiesto di farsi fare una foto col proprio bastone in mano anche se quello era un posto chiuso in cui girava senza. L’immagine che deve rappresentare per forza lo stereotipo, anche quando non ne fai parte! Perché una determinata narrazione mistificata fa più gola di quella reale.
Ora vado, che il mio virus si deve fare un bel viaggetto a Zagabria! (quello che parla, quello delle storie di fantasia) perché l’altro dorme. L’altro sa che stasera gli tocca la medicina e poi deve guardarsi “di fatto famiglie” su Real Time con me e si sorbirà i miei stessi programmi fino a quando su amazon non troverò un “telecomando tv per virus”.
Scusami diecimila volte per la domanda che sto per farti, ti assicuro che è completamente in buona fede e senza retropensieri.
Hai citato un programma di Real Time (mi sono andato a vedere di cosa si tratta perchè non lo sapevo).
La domanda è: ma non ti dà immensamente al cazzo (“dare al cazzo”, espressione romanesca equivalente ad un “dare fastidio” all’ ennesima potenza) il fatto che esista una trasmissione del genere, messa in onda dalla stessa piattaforma che produce cose come “vite al limite” ?
Chiedo per me, non per un amico 😉
[Gifter] – Real Time è un canale dove si parla di tutto e tutti: ho presente “vite al limite” così come “alta infedeltà” o quel programma della dottoressa che fa scoppiare i brufoli. Però alla fine è come un blog multi-autore dove si parla di qualunque argomentazione il singolo autore voglia.
Che poi “vite al limite” forse ho visto una puntata sola e non fa testo, ma non mi sembra l’orgoglio dell’obesità anzi! Almeno nella puntata che ho visto io c’era una ragazza diventata invalida per l’obesità ma alla fine è partita per andarsi a “mettere a posto”! Cazzo quanto mi ha colpito c’era la fidanzata che la imboccava perché neanche riusciva a muoversi.
Non preoccuparti per la domanda io non sono uno di quei gay che si offendono, a meno che uno non mi faccia domande sessuali però anche lì “mi avvalgo della facoltà di non rispondere”
Real Time è quel canale dove fanno anche “matrimonio a prima vista” dove le persone si devono sposare senza neanche conoscersi. Ma vadano al diavolo per carità!!! C’era anche Drag Race Italia, ora spostato su Paramount Plus. Nella prima edizione c’era una drag queen con HIV. Suo nome reale Davide Gatto, in arte Enorma Jean. Anche lui a parlare di Non Rilevabile Non Trasmissibile!
Però capiscimi: “real time” è un canale in cui il target medio è gente già preparata al discorso “diversità” e al trash; c’ha provato anche Giovanni Ciacci andando al grande fratello come primo HIV positivo a entrare in un reality però si è rovinato l’occasione comportandosi molto molto male e facendosi eliminare quasi subito! Non puoi piangere in tv dicendo “non sono un untore non discriminatemi” e poi stigmatizzare gli altri! Porca di quella grandissima miseria umana!
Non lo so, non mi piace. Non mi convince e non mi piace.
Già l’ espressione “di fatto” mi fa venire l’ orticaria.
Una famiglia è una famiglia. Punto. Di fatto, di diritto, di rovescio, non conta. Sono puntualizzazioni che portano solo ad ulteriori divisioni, per me non è una cosa buona.
Viviamo in un mondo di merda, lo so.
Se ti va e se hai tempo, dai un’ occhiata a questo post autobiografico:
C’è molto di me, una cosa che manca (e che mi pare a questo punto opportuno aggiungere per completezza) è che il motivo della “formalizzazione” dell’ unione fra queste due vite dopo 19 anni è stato solo il consistente e reale rischio (fortunatamente scongiurato) che una delle due arrivasse a fine prematura e che l’ altra non potesse avere voce in capitolo legalmente parlando.
Viviamo in un mondo di merda. Lo so.
[Gifter] – leggerò l’articolo con calma più tardi.
Sul concetto di famiglia siamo assolutamente d’accordo e infatti anch’io con mio marito mi considero tale pur non avendo né volendo figli. Abbiamo già una gattina, due cocorite e un virus da controllare bastano e avanzano!
Il titolo del programma è così perché provocatorio: “di fatto famiglie” vale a dire “abbiamo la stessa vita e le stesse esigenze delle vostre ma non ci considerate famiglie come voi”.
Dopo uno può pensare quello che vuole sulle modalità di fecondazione assistita e gestazione per altri, su questo io sarei più per la possibilità di adottare un bambino che ha bisogno rispetto a generare un essere umano nuovo in un mondo il cui futuro è quello che è per vari motivi. Siamo già in troppi e sarebbe il caso di occuparsi di tutti quei piccoli abbandonati in giro per il mondo o nelle case di accoglienza. Ma io sono di parte perché conosco da vicino una coppia che ha rinunciato ai figli proprio perché adottare per loro sarebbe stata una fregatura: adesso una coppia sierodiscordante può avere figli in modo tradizionale, grazie al famigerato “non rilevabile non trasmissibile” sia nel caso di uomo positivo sia di donna positiva.
Fino a un decennio fa però non era così e in caso di donna positiva con la terapia, il cesareo e l’allattamento artificiale i piccoli nascevano negativi comunque. Ma in caso di uomo positivo e donna negativa, l’unica era o programmare un rapporto sprotetto nel periodo fertile e poi incrociare le dita, o inseminazione artificiale (col lavaggio del seme se omologa) oppure eterologa. Strade che il mio fratello di virus non voleva intraprendere.
Adozione per coppie sierodiscordanti? Indovina un po’? O niente, oppure gli avrebbero dato un bambino positivo o addirittura in AIDS!
E adesso? Grazie alla scienza ormai tutti i figli nati da coppie sierodiscordanti o positive, sono negativi – almeno nei paesi dove ci si può curare; il mio HIV-brother e sua moglie però hanno una età troppo avanzata per pensare di figliare e non possono godere di questo regalo che la medicina ci ha dato.
E sempre riguardo ai figli: Stefania Gambadoro, a cui abbiamo tolto attenzione per parlare dei cazzi nostri: suo figlio ora tredicenne ha avuto una fortuna enorme! Padre positivo senza medicine, madre positiva senza saperlo, nessuna precauzione a riguardo in gravidanza, ed è rimasto NEGATIVO! A meno che…
Aspetta un attimo: i test HIV in gravidanza sono obbligatori fin dal 1997 e il bambino ha 12-13 anni. Quindi evidentemente è rimasta incinta e ha partorito negativa! Pensa tra i due cattivi (uomo e virus) è stato più intelligente il virus: “entro dopo, non voglio mettermi nei guai col pargolo”