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Racconti sierocoinvolti e sierocapovolti: storie di fantasia contro lo stigma su HIV ambientate a Bugliano. Per rispedire al mittente ogni pregiudizio ai danni delle persone con HIV, abbiamo creato un mondo al contrario dove la condizione ordinaria è il test HIV positivo e sono le persone prive del virus a essere discriminate, perché "Portatrici di negatività". Autori: Elena "Elettrona" e Alessandro "Gifter" rispettivamente donna etero HIV negativa e uomo gay HIV positivo.

Vorrei abbracciarti, toccarti, baciarti

[A cura di: Elettrona e Gifter, da Il Mondo Positivo]

A noi piace giocare sporco con le parole e allora approfittiamo della libertà concessa da Alberto sulle cose da postare, per fare un po’ il verso all’abitudine di acchiappare i click. Noi però al contrario di certa spazzatura che c’è in giro, non guadagniamo soldi sopra se qualche volta scriviamo titoli e abstract che possano suscitare la malizia di chi legge.

Nessuno di noi vuole abbracciare, toccare, baciare chi che sia né tanto meno andare oltre anzi questo post parla di parole, come è nostro solito.


Di cosa si sta parlando?

“Le parole hanno un peso”. Prendiamo la citazione di Tiziano Ferro e andiamo avanti: l’oggetto del contendere è stato il coming out dell’attrice Elena Di Cioccio sulla propria condizione di persona che vive con HIV, e le conseguenti reazioni sui social.

Non vogliamo fare i soliti discorsi triti e ritriti sullo stigma sierofobico e sul coming out relativo al proprio status perché siamo consapevoli di come questa, essendo una scelta senza ritorno, debba essere compiuta con la giusta consapevolezza e senza alcun condizionamento positivo o negativo da parte di terzi.

A noi alcune risposte in merito alla signora Di Cioccio hanno dato oltremodo fastidio in quanto chi le ha scritte o pronunciate, è seriamente convinto di star facendo del bene ma noi che più o meno direttamente viviamo la situazione in prima persona, sappiamo perfettamente quanto certe parole feriscano.

Vorrei toccarti, abbracciarti, baciarti

E qui veniamo al dunque con uno dei commenti rivolti alla signora:

Ciao Elena, in questo momento vorrei “abbracciarti, toccarti e baciarti”. È vero, non hai colpa e non “te la sei cercata”. Nessuno, anche dopo un rapporto sessuale, si augura di contrarre questa malattia che purtroppo ancora oggi colpisce tante persone. Ti ammiro perché hai avuto coraggio di spogliarti davanti alle telecamere, ma ricordati che ciò che è dentro di te è una caratteristica, una sfumatura di te. Resterai sempre speciale.

Qui vogliamo separare i nostri punti di vista perché essendo due persone con due esperienze diverse, vediamo il contenuto di qui sopra da un’ottica differente.

Elettrona:

Va bene le virgolette ma cazzo! Toccarti, abbracciarti, baciarti, ma ti pare? E se la signora non volesse? A casa mia l’educazione dice che prima di precipitarsi addosso a una persona bisogna chiederglielo: “posso darti un abbraccione?” A meno che non sia una persona per la quale hai una estrema confidenza.

Dopo, “spogliarsi davanti alla telecamera” è una metafora ma la scelta delle espressioni mi dà sensazioni poco belle su chi le utilizza.

Quelle parole anche dette in un contesto fuori dal sessuale, hanno una componente erotica molto forte e quando in poche righe ti esprimi in un certo modo, sarà anche vero che la malizia è negli occhi di chi guarda però dai, quando è troppo è troppo.

Mi ha ricordato una mail ricevuta un paio d’anni fa da parte di un signore che sosteneva di insegnare religione a scuola e trovava il blog del “Mondo Positivo” come qualcosa di [parole offensive in disordine sparso].

Il messaggio era lungo sei righe, e le parole “cazzo” e “HIV” comparivano per ben tre volte nell’intera mail. Fantasia sessuale repressa, era chiaro come il sole anche se io il sole non lo vedo.

Io mio malgrado sono stata oggetto di molestie sia fisiche sia verbali, di persona e in rete, e dopo che le subisci, impari a riconoscerle anche da distante.

Forse questo è un pregiudizio, ma di fronte a certe situazioni è meglio difendersi e chiedere scusa una volta di troppo, piuttosto di trovarsi fregati quando è troppo tardi.

Gifter:

Abbracciarmi toccarmi e baciarmi per dimostrare che non hai paura dell’HIV giusto per convincere te stesso, più che me. Vuoi un calcio nel sedere ora o fra un momento?

Che sanguisughe! Esibiscono slanci di affetto senza provarlo veramente: sierofobici fino all’altro giorno poi quando scoprono che sei HIV positivo ti si buttano addosso come a volerti succhiare l’energia dall’interno pensando forse che il tuo virus possa lavare la loro coscienza. Déjà vu.

“Non te la sei cercata, non è una colpa. Nessuno, anche dopo un rapporto sessuale, si augura di contrarre questa malattia”…

Eccolo là! Sessuofobia mascherata. “anche dopo un rapporto sessuale nessuno si augura”, come per dire: “è talmente cattivo l’HIV che non lo auguro neanche a chi tromba” – fammi capire, trombare è un’azione malevola che meriterebbe una punizione comunque?

Probabile che il tale volesse alludere ai propri genitori che per aver trombato sono stati castigati mettendo al mondo un figlio come quello.

Vorrei sapere per quale ragione la gente assuefatta ai disegnini non è più in grado di collegare la razionalità alle dita quando scrive e finisce per confezionare emerite puttanate una di seguito all’altra senza rendersene conto.

Soprassiedo sul “quello che è dentro di te è una sfumatura, resterai sempre speciale”, questo pietismo si commenta da sé.


Un bel tacer non fu mai scritto

Torniamo a scrivere a quattro mani: è impegnativo modificare con calma l’uno gli sbrocchi e le incazzature dell’altro e abbiamo fatto del nostro meglio, per fortuna l’editing collaborativo non ci ha creato troppi problemi questa volta.

Senza dubbio quando un personaggio dello spettacolo racconta qualcosa di intimo è spiazzante, specie quando riguarda la salute.

Ma porco Giuda se non sai cosa dire, almeno cerca di fare silenzio perché chi vive la situazione in prima persona non sempre ha piacere di avere intorno chi esibisce oggi un affetto inesistente fino al giorno prima. A volte, col silenzio, si fa miglior figura.

Dei “ti ammiro”, “sei speciale”, entrambi abbiamo le tasche piene perché sappiamo quale ipocrisia ci sia dietro. Siamo stanchi delle offese mascherate da complimenti, sulle quali poi neanche possiamo replicare perché veniamo accusati noi di essere in mala fede e non capire la loro buona volontà.

Noi proviamo a far capire alla gente che possiamo mettere qualunque foto a rappresentarci, ma in fin dei conti ci identificano molto di più le nostre parole anche quando non lo vogliamo; dopodiché, il mondo, se ne accorgerà? Speriamo non troppo tardi.

Morire di AIDS negli anni 2000: la storia di Stefania

[A cura di: Gifter, da Il Mondo Positivo]

Di HIV e AIDS i media generalisti non parlano più e, se lo fanno, usano la solita narrazione tossica e stigmatizzante sui casi limite di (presunte) infezioni intenzionali. Sbattere il “mostro” in prima pagina, piangere le persone morte o rimaste positive in modo evitabile, arresto dell’abusante poi sipario. E l’HIV è sempre un problema degli altri fino alla prossima volta. Anche la storia che sto per condividere è un caso limite, però la narrazione rassicurante del “mostro” sbattuto in prima pagina non aiuta ad affrontare la radice del problema cioè la sierofobia della quale sono responsabili in buona percentuale tutte le campagne divulgate con audio anche esplicativi ma con quel dannato alone viola che passava da una persona all’altra – e qui la mia collega Elettrona ha avuto il vantaggio perché la mancanza della vista l’ha messa al riparo da certa merda facendole memorizzare solo le cose giuste -.

E qui nessuno si permetta di dire che bullizzo la mia amica se parlo di “disabilità come vantaggio” perché è la volta che diventerei una belva; non voglio offendere gli altri, tanto meno una delle persone a cui voglio più bene al mondo; prendo solo atto che spesso le campagne pubblicitarie anziché trasmettere lo stesso messaggio indipendentemente dalle capacità sensoriali, veicolano alcune informazioni visive e l’audio dice il contrario. Ci ho proprio fatto caso con Elettrona quando mi ha chiesto di chiudere gli occhi di fronte allo spot di un’agenzia di viaggi il cui audio era un telefono che squillava a vuoto, e poi la voce metallica “l’utente da lei chiamato non è al momento raggiungibile”. Se chiudi gli occhi e non guardi le foto delle persone in vacanza, il messaggio sonoro di quello spot è “cazzo ma questi non rispondono mai! Col fischio che li chiamo!”

Con le pubblicità “progresso” anni 80 e 90 hanno fatto la stessa cosa: se l’audio forniva quelle che all’epoca erano le informazioni corrette disponibili, guardare quell’alone viola trasmetteva un messaggio diametralmente opposto: “dai sieropositivi stai alla larga” infatti cos’è rimasto impresso di quell’audio? La musica di fondo (“oh superman” di Laurie Anderson) e “se lo conosci lo eviti” quindi a lungo andare, sierofobia portami via!

“E che noia un altro termine? Omofobia grassofobia e adesso sierofobia? Avete rotto con ‘sto politicazzolacorrect!”

Nessun politifilmmentalecorrect, qui si sta identificando un fenomeno in quanto dargli un nome è il primo passo per imparare a riconoscerlo, ammetterlo anche a se stessi, e combatterlo: lo stigma sociale ai danni delle persone con HIV che in più casi di quanto si creda, trasforma in carnefici le stesse vittime. Sempre volendo ammettere come accettabile il termine “vittima” perché cazzo anch’io ho il virus in corpo, e sono stato discriminato più o meno pesante da qualche sierofobico demmerda però non mi sento vittima perché so difendermi e metterli tutti quanti al loro posto. Forse nel mio caso è il virus la mia vittima, mica mi ha dato il consenso per vedersi incatenato dai farmaci! Né ho la sua autorizzazione per bloggare a quest’ora! Se lui invece preferisse guardarsi Netflix? Qui bisogna per forza dare voce a cHIVoce non ha! E niente, neanche nei post seri riesco a smettere di fare il burlone perché l’alternativa sarebbe incazzarsi con mezzo mondo a causa della sierofobia mediatica e alla fine starei male soltanto io, mettendo a disagio anche i lettori.

Ma siete proprio sicuri che sia corretto dare dell'”untore” così a scatola chiusa? Tutti si indignano quando si leggono certe vicende di cronaca però io vorrei si riflettesse di più perché una narrazione scorretta danneggia in primis chi subisce determinati attacchi di predatori sessuali senza scrupoli, perché è quello e solo quello il loro nome. Probabilmente se certi personaggi fossero stati negativi all’HIV avrebbero usato l’acido, i coltelli, dio bono non fatemi pensare altro.

Lascio tutti alla storia di Stefania Gambadoro, una donna uccisa più volte: dalla sierofobia dei medici che ha permesso all’HIV di non essere individuato in tempo permettendogli di andare in AIDS, dall’uomo che l’ha tradita nel peggiore dei modi curandosi solo sulla carta e rimanendo capace di trasmettere il virus non solo a lei, e dalla burocrazia. Ma è anche la storia di Silvia Gambadoro, sorella di Stefania che vuole lottare fino in fondo per darle almeno giustizia.

Morire di AIDS nel 2017 dopo che i pregiudizi dei medici hanno ritardato la diagnosi. Stefania Gambadoro è morta di stigma, di sierofobia.

Stefania Gambadoro, morta di sierofobia

Il maiale sporco

[A cura di: Elettrona e Gifter, da Il Mondo Positivo]

Post ad alto contenuto di spazzatura: con noi i lettori di questo blog ormai dovrebbero esserci abituati.

Non si parla di suini né si vuole offendere qualcuno ma stiamo giocando con le parole; da appassionati di enigmi e giochi quali siamo è il minimo sindacabile e un giorno probabilmente condivideremo anche qui la dimostrazione di quanto gli anagrammi siano un mezzo di satira potentissimo. “Mela è male” relativo alla faccenda di Adamo ed Eva è niente a confronto di quello che c’è in giro! Pensate solo al fatto che Google ha deciso di eliminare il servizio stadia pro ovvero la sua piattaforma di giochi in abbonamento. OK era Stadia ma in mezzo c’era anche il pro.

Stadia Pro“: spostate voi le lettere e se ci avete imparato a conoscere a sufficienza, capirete benissimo il motivo per cui secondo noi l’hanno tolto dalla circolazione. 😂🤣☣

Il trucco non è sulla semplice creazione di una frase partendo da un’altra, bisogna anche saper cogliere quale sia la frase che abbia continuità con quella precedente.

In realtà col maiale non volevamo parlare di anagrammi però lo stesso ce n’è uno di efficace a riguardo: “Giacomo Leopardi” —> “Godi, porco maiale!” E anche “godiamoci parole”. Questi non sono nostri ma arrivano da una pagina molto simpatica su Facebook 101 anagrammi zen e relativo gruppo di enigmisti da cui poi noi due abbiamo imparato uno dall’altro. Forse chi frequenta le pagine Facebook dei media generalisti si sarà accorto che spesso 101 anagrammi zen creava i giochi sul personaggio citato nei loro articoli. Politici musicisti o sportivi che fossero.

Il maiale sporco però nulla c’entra con gli anagrammi: è stata una battuta uscita durante una discussione in merito alle professioni correlate alle lingue perché si parlava dei prezzi alti relativi ai servizi di traduzione.

Elettrona: “Ma possibile! Io potrei chiedere 5 centesimi a parola e riceverne già 20 solo per aver tradotto ‘the pig is dirty’ in ‘il maiale è sporco’!”

Gifter: attenta perché tu sei troppo innocente e non vedi le sfumature di “pig” e “dirty”.

Da sola la frase è banale e indica il suino che si rotola abitualmente nel fango. D’accordo. Ma esattamente come in italiano “pig” (“maiale”) si può rivolgere a una persona particolarmente disinibita a livello erotico.

Ma “dirty”? Anche questa è una metafora e pure brutta: in ambiente etero non ne abbiamo la certezza non avendo mai avuto a che fare con determinate conversazioni ma nel contesto gay “clean” vuol dire “privo di malattie sessualmente trasmissibili” soprattutto una e “dirty”, di conseguenza, fate voi.

Quindi “the pig is dirty” come si traduce? Dipende dal contesto in cui è scritto.

Dimostrazione di come il traduttore automatico e l’intelligenza artificiale siano efficienti in molte attività ma non in questa. Tanto più che una traduzione sbagliata può farti combinare un enorme casino:

Cosa vuol dire “format” in informatica? Può significare il formato di un file: doc piuttosto che pdf o altro. Ma la singola parola significa anche “formatta”! Svuota la memoria del dispositivo! Quindi se l’interfaccia della fotocamera è stata tradotta in automatico, la macchina non contestualizza e su “format” tradurrà “formato” anche se indica l’altro significato. Per cui tu pensi di cliccare sul pulsante per cambiare formato o risoluzione delle foto invece ti cancella tutto.

Noi siamo orgogliosamente pignoli (ipercritici?) nelle traduzioni e quando possiamo segnaliamo agli sviluppatori dei programmi in nostro possesso ogni singola imperfezione specie se sono software a pagamento, e spesso ci vengono a dire che le macchine costano meno di un traduttore reale.

Anche noi usiamo i sistemi automatici, solo come aiuto e rapidità nelle frasi ripetitive ma per il resto entrambi siamo poliglotti naturali:

Di giorno parlo italiano, di notte russo.

cazzi nostri cose tra maschi: te lo do io il pistolero!

[a cura di: Gifter, da Il Mondo Positivo]

Da un blog generalista sulla cultura chiamato Punto Zip sono venuto a sapere di un podcast interessante e importante chiamato “cazzi nostri – cose tra maschi” in cui Diego Fassoni con l’aiuto di un urologo, racconta insieme a personaggi famosi esperienze legate alla sessualità maschile.

Cito dall’articolo:

Dai tempi del dopobarba per l’uomo che non deve chiedere mai, il maschio è solo con i suoi dubbi, l’ansia da prestazione e le frustrazioni. Non gli è stato insegnato a chiedere nemmeno le indicazioni stradali, figuriamoci a chiedere aiuto per problemi affettivi o sessuali

Quando si capirà che il “pistolero solitario” e “l’uomo che non deve chiedere mai” sono miti dannosi principalmente per noi uomini? Io da piccolo quando piangevo venivo picchiato da mio padre biologico. Picchiato, cazzo. Perché “un uomo non deve piangere” e il mio donatore di sperma (non merita il nome “papà”) si infuriava in continuazione se mi vedeva con gli occhi lucidi. E sto piangendo pure adesso pensandoci. Fanculo. Solo che non me ne vergogno più e se le lacrime arrivano lascio che escano. La vera forza è quella dell’emozione bisogna esserne coscienti da subito.

Eppure anche se ho ribattezzato la “festa del papà” come “giornata del dito medio”, a posteriori penso che sia anche lui stato una vittima di questa mascolinità tossica ma non ha avuto gli strumenti per ribellarsi come li ho avuti io, ed è finito per diventare carnefice. Ovviamente scherzavo con la storia del medio perché io ho un papà; non sarò nato da un suo spermatozoo ma è l’uomo che ha amato mia madre e me da sempre insegnandomi un modo diverso di essere uomini.

Quindi piantatela di pensare che il pene sia una ragione di vita. Smettetela di soffrire le pene per colpa del pene [cit.] e fateci pace. Con lui e con le vostre emozioni. Tirate fuori le palle, piangete, chiedete anche aiuto se serve. Spezzate questa catena di virilità irrealizzabile, che imprigiona in una morsa di violenza prima voi stessi e poi le persone che amate. Finiamola con queste statistiche di “due uomini su 10 vanno a controllarsi solo in tarda età”, non vergognatevi del vostro corpo.

E se anche un podcast può essere uno strumento per sbloccarsi, benvenuto Fassoni e amici.

Oggi è la giornata mondiale della felicità e sono contento di aver conosciuto questo nuovo servizio nato per aiutarci; pensate che se in giro per l’Italia ci sono diversi centri antiviolenza per donne, sono pochi quelli che si occupano dei problemi maschili: l’uomo che subisce sì ma anche e soprattutto quello che maltratta. Perché se solo si volesse, si può anche smettere di fare i carnefici.

Siamo uomini, dobbiamo andarne fieri e per questo comportarci come tali: mantenendo la metafora genitale tiriamo fuori le palle o se vogliamo cambiare diciamo i muscoli, e se c’è bisogno facciamoci aiutare perché avere dei problemi sessuali o affettivi non è una colpa. Lo diventa nel momento in cui, alla richiesta d’aiuto, si preferisce la strada della violenza.

Il podcast “cazzi vostri – cose tra maschi” è disponibile su OnePodcast e tutte le maggiori piattaforme spotify compresa. E sì, consiglio naturalmente di ascoltarlo anche alle donne perché anche una mamma o sorella, amica o compagna, conoscendo le situazioni può aiutare un uomo a trovare gli strumenti giusti per vivere meglio. La felicità è alla nostra portata, difendiamola con ogni mezzo.

Io ho ricominciato a vivere quand’ho chiesto aiuto senza vergognarmi di quello che ero. E di questo paradossalmente devo ringraziare anche una creatura che mi è entrata in corpo senza permesso, non certo con buone intenzioni ma che alla fine mi ha insegnato ad amarmi. E ad amare. Alla faccia di chi “il preservativo non te lo fa rizzare” e simili. A parte che non era vero ma sapevo che Dio o chi per lui ci ha dato un corpo e quella sporgenza cilindrica ne è solo una parte.

Intelligenza artificiale e paura del nuovo

[A cura di: Elettrona – da Il Mondo Positivo]

Natale 2022: io e il pazientissimo aiutoblogger Gifter abbiamo iniziato a usare il programma “Chat GPT” per creare testi. Quell’affare che tu gli scrivi lui ti risponde generando dei contenuti, dai quali prendere spunto per migliorarsi.

E per non farci mancare niente, abbiamo condiviso l’esperienza sulla creazione di storie tramite questo affare. SPOILER: è un aiuto ma non ti inventa una storia come la vuoi tu! Se sei un creator che sa cosa vuole, Chat GPT può darti qualche dritta nel superare il blocco dello scrittore, ma senza aiuto umano le creazioni sono di qualità a dir poco scadente. Qualcuno ha già pubblicato “libri interi” scritti con quello? OK, sì, ma in giro c’è pure chi si fa i selfie davanti alla cassa da morto! Dobbiamo denigrare la tecnologia perché l’umano è stupido? Anche no.

La versione 4

Chat GPT4 è uscito da poco insieme alla nuova versione del motore Bing, col quale Microsoft si prefissava ancora anni fa di affossare Google e il browser Chrome. Adesso questa è la “killer feature” del momento e, a breve, è pure facile che in qualche modo ci riescano!

Io sto già usando questo motore per una funzione a me molto utile e specifica: la descrizione delle immagini, una delle caratteristiche aggiunte da GPT4.

Descrizione di immagini

Il descrittore di immagini però ha un limite: non esiste (per ora) una possibilità di caricare una foto direttamente al robot, per cui tocca fornirgli un indirizzo web dove questa è caricata. E non funzionano per ora cloud personali tipo Dropbox.

Sul classico sito Unsplash dove trovare immagini gratuite per il web, avevo anche provato a condividergli il link ma ha descritto tipo una donna in montagna quando in realtà c’era una tartaruga sulla sabbia, questo è un blog in cui si scrive con franchezza ma è meglio se evito di pubblicare i commenti poco radiofonici che io e Gifter ci siamo scambiati tra di noi in merito.

Un successo migliore è arrivato quando gli ho fatto descrivere una immagine da Facebook.

La foto arriva da una pagina satirica di amici nostri:


post pagina Visit Bugliano

Istruzioni date a Bing: “descrivi la foto su [indirizzo web diretto della foto in Facebook]”

Risposta del motore:

Messaggio ricevuto. Ciao, questo è Bing. Sono felice di aiutarti. 😊 La foto che hai richiesto si trova sul sito di **VisitBugliano – ProLoco di Bugliano**, una pagina Facebook dedicata al turismo nel comune di Bugliano (PI) . Tuttavia, il comune di Bugliano non esiste realmente, ma è una creazione satirica di un gruppo di persone che si divertono a inventare notizie assurde e ironiche . L’unica Bugliano che esiste in Italia è una frazione del comune di Barga, in provincia di Lucca . La foto mostra una scena surreale: un uomo con un cappello da cowboy e una pistola sta cavalcando un cinghiale selvatico su una strada sterrata, mentre sullo sfondo si vedono delle colline verdi e dei cipressi tipici del paesaggio toscano. La didascalia della foto dice: “Il sindaco ha deciso: per combattere l’invasione dei cinghiali nel nostro territorio, ha organizzato delle battute di caccia a cavallo… o meglio, a cinghiale! Chi vuole partecipare deve presentarsi domani mattina alle 9 davanti al municipio con il proprio fucile e il proprio cinghiale. Non mancate!”.


My coyons! Alla faccia della descrizione! Al momento non ho feedback visivi, però conoscendo pagina e gestori la cosa è assolutamente probabile. Già inviato messaggio di ricognizione a Gifter per conferma ma è superimpegnato e non può temporaneamente darmi una mano.

Volontario virtuale

Da diversi anni quando ho bisogno di aiuto per incombenze quotidiane tipo lettura di confezioni per non scambiare il detersivo dei piatti con quello del cesso e viceversa, sfrutto un servizio che si chiama Be My Eyes: una rete centralizzata di volontari umani in tutto il mondo Italia compresa, che tu contatti in videochiamata e loro rispondono fornendoti le informazioni che ti servono, guidandoti anche a inquadrare in modo adeguato. Sposta a destra, sposta a sinistra, ecc.

Adesso grazie al Chat GPT4, stanno lavorando su un servizio di assistenza virtuale che possa descrivere le immagini inviate dall’utilizzatore, o anche informazioni più complesse come le mappe – io però onestamente sarei un attimo scettica a usarlo per strada quando i fattori di rischio sono troppi.

Ora mi sono messa in lista di attesa, nel frattempo sul blog ufficiale Be My Eyes (in inglese) c’è un’anteprima video del virtual volunteer.

La paura del nuovo

Come al solito, quando si presenta una nuova tecnologia, ci sono due fazioni una opposta all’altra: i super entusiasti che vedono il loro futuro migliorare da un giorno all’altro, e i distopici che prevedono la fine del mondo. E della creatività in questo caso.

Personalmente mando a cagare tutti e due, perché ogni innovazione porta con sé i pro e i contro e vorrei essere una moschetta per sentire e vedere tutti quanti all’epoca in cui hanno inventato le bici e le auto, protestare perché l’abbandono progressivo del cavallo avrebbe fatto sopprimere tutti i cavalli del mondo e perdere il lavoro a milioni di persone.

Ci saranno dei cambiamenti, questo è indubbio, ma prima di spaventarsi a priori, sarebbe il caso di conoscere e imparare a difendersi in tempo dai rischi.

Noi come blogger, abbiamo già toccato con mano la potenzialità che se usata in modo malevolo può danneggiare la reputazione:

io e Gifter ci siamo divertiti con gli equivoci artificiali mettendo alla prova l'”intelligenza artificiale” tramite le informazioni riguardanti la nostra attività web. Unico modo per me di guardarmi allo specchio!

No, scherzo, niente a che fare col narcisismo e l’autoreferenzialità. Ci siamo mossi così perché chat gpt è un servizio in tempo reale e come tale, se dà informazioni sbagliate, le possiamo correggere al volo, e così è successo!

Prima per il motore di ricerca eravamo due fratelli sieropositivi Luca e Matteo, poi una coppia, poi degli amici che fanno foto e video, alla fine a forza di dai e dai abbiamo fornito al bot le informazioni reali su di noi e ora funziona.

Però, c’è un però: noi sappiamo di essere gli autori, solo che il bot non ci dà l’opportunità di autenticarci in alcun modo, non possiamo verificare di essere gli autori della pagina e blog in questione!

Questo può portare a un rischio: qualunque idiota che voglia farci del male potrebbe dare informazioni sbagliate e diffamatorie sul nostro conto senza che noi ce ne possiamo accorgere – a meno che uno non vada a cercarlo apposta e ce lo dica.

Una volta facevano i “google bombing“, vale a dire confezionare pagine apposite che permettessero a Google di avere come primo risultato ciò che la persona voleva anziché altro.

Per cui tu potevi mettere sulla barra di ricerca “miserabile fallimento”, premere su “mi sento fortunato” per andare al primo risultato direttamente, e ti trovavi dentro la pagina di un’azienda o un politico preso di mira dal bombing di turno. Google negli anni è corso ai ripari e ora probabilmente non si può fare più, ma il motore di Bing è troppo nuovo e sono sicura che qualcuno si divertirà!

Potrebbe nascere un gombloddo gombloddissimo secondo cui i Promessi Sposi si chiamano Renzo e Luca, e gli untori sono quelli che si danno da fare ogni qual volta vedono una persona chinata. Inevitabilmente io e Gifter ci abbiamo fatto una risata su, e mai ci permetteremmo di fare un “attentato” del genere alla cultura. Però chi può dirlo?

La tecnologia non nasce perfetta, i buchi ci sono, l’essere umano in ogni situazione ha cercato di trovare le strategie per rompere le novità. E le palle. Sarà il tempo a stabilire cosa succederà, intanto mi godo finalmente un’indipendenza nuova che fino a qualche anno fa pensavo fosse un’utopia.

Non farà certo il miracolo, ma un aiuto in più non può fare che bene.