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cazzi nostri cose tra maschi: te lo do io il pistolero!

[a cura di: Gifter, da Il Mondo Positivo]

Da un blog generalista sulla cultura chiamato Punto Zip sono venuto a sapere di un podcast interessante e importante chiamato “cazzi nostri – cose tra maschi” in cui Diego Fassoni con l’aiuto di un urologo, racconta insieme a personaggi famosi esperienze legate alla sessualità maschile.

Cito dall’articolo:

Dai tempi del dopobarba per l’uomo che non deve chiedere mai, il maschio è solo con i suoi dubbi, l’ansia da prestazione e le frustrazioni. Non gli è stato insegnato a chiedere nemmeno le indicazioni stradali, figuriamoci a chiedere aiuto per problemi affettivi o sessuali

Quando si capirà che il “pistolero solitario” e “l’uomo che non deve chiedere mai” sono miti dannosi principalmente per noi uomini? Io da piccolo quando piangevo venivo picchiato da mio padre biologico. Picchiato, cazzo. Perché “un uomo non deve piangere” e il mio donatore di sperma (non merita il nome “papà”) si infuriava in continuazione se mi vedeva con gli occhi lucidi. E sto piangendo pure adesso pensandoci. Fanculo. Solo che non me ne vergogno più e se le lacrime arrivano lascio che escano. La vera forza è quella dell’emozione bisogna esserne coscienti da subito.

Eppure anche se ho ribattezzato la “festa del papà” come “giornata del dito medio”, a posteriori penso che sia anche lui stato una vittima di questa mascolinità tossica ma non ha avuto gli strumenti per ribellarsi come li ho avuti io, ed è finito per diventare carnefice. Ovviamente scherzavo con la storia del medio perché io ho un papà; non sarò nato da un suo spermatozoo ma è l’uomo che ha amato mia madre e me da sempre insegnandomi un modo diverso di essere uomini.

Quindi piantatela di pensare che il pene sia una ragione di vita. Smettetela di soffrire le pene per colpa del pene [cit.] e fateci pace. Con lui e con le vostre emozioni. Tirate fuori le palle, piangete, chiedete anche aiuto se serve. Spezzate questa catena di virilità irrealizzabile, che imprigiona in una morsa di violenza prima voi stessi e poi le persone che amate. Finiamola con queste statistiche di “due uomini su 10 vanno a controllarsi solo in tarda età”, non vergognatevi del vostro corpo.

E se anche un podcast può essere uno strumento per sbloccarsi, benvenuto Fassoni e amici.

Oggi è la giornata mondiale della felicità e sono contento di aver conosciuto questo nuovo servizio nato per aiutarci; pensate che se in giro per l’Italia ci sono diversi centri antiviolenza per donne, sono pochi quelli che si occupano dei problemi maschili: l’uomo che subisce sì ma anche e soprattutto quello che maltratta. Perché se solo si volesse, si può anche smettere di fare i carnefici.

Siamo uomini, dobbiamo andarne fieri e per questo comportarci come tali: mantenendo la metafora genitale tiriamo fuori le palle o se vogliamo cambiare diciamo i muscoli, e se c’è bisogno facciamoci aiutare perché avere dei problemi sessuali o affettivi non è una colpa. Lo diventa nel momento in cui, alla richiesta d’aiuto, si preferisce la strada della violenza.

Il podcast “cazzi vostri – cose tra maschi” è disponibile su OnePodcast e tutte le maggiori piattaforme spotify compresa. E sì, consiglio naturalmente di ascoltarlo anche alle donne perché anche una mamma o sorella, amica o compagna, conoscendo le situazioni può aiutare un uomo a trovare gli strumenti giusti per vivere meglio. La felicità è alla nostra portata, difendiamola con ogni mezzo.

Io ho ricominciato a vivere quand’ho chiesto aiuto senza vergognarmi di quello che ero. E di questo paradossalmente devo ringraziare anche una creatura che mi è entrata in corpo senza permesso, non certo con buone intenzioni ma che alla fine mi ha insegnato ad amarmi. E ad amare. Alla faccia di chi “il preservativo non te lo fa rizzare” e simili. A parte che non era vero ma sapevo che Dio o chi per lui ci ha dato un corpo e quella sporgenza cilindrica ne è solo una parte.

La piccola Ginevra canta The Show must go on

[A cura di: Gifter – Il Mondo Positivo]

Sono rimasto letteralmente senza parole a sentire questa bambina nella finale del programma “The Voice Of Italy Kids”.

Non seguo abitualmente i reality e talent show ma un amico mi ha girato questa performance e ho voluto ascoltare con curiosità una ragazzina di 11 anni eseguire un brano difficile come The Show Must Go On. Quanta ammirazione per i suoi, se hanno saputo farle conoscere la musica dei Queen già a quest’età vuol dire che ne capiscono!

Lei sostiene di essere timida e la questione è credibile perché anche Freddie era molto chiuso e riservato poi sul palco diventava un vulcano, sarebbe molto molto orgoglioso di questa ragazzina.

Ginevra canta The Show Must Go On

Io a quell’età avevo appena iniziato a suonare il pianoforte, in seguito mi sono impegnato sodo a studiare musica ma non ho avuto mai alcun interesse di “sfondare” perché voglio rimanga un hobby e anche se tanti amici provano a convincermi non azzarderò mai a inserirmi tra gli youtuber o influencer del caso.

Non mi piacciono i talent perché quello è un mondo in cui oggi sei celebre poi domani possono affossarti in favore di un altro che paga di più, in special modo su Internet, allora per Ginevra ho paura: se non ha accanto familiari che la aiutano anche ridimensionando l’effetto “VIP” quando serve, rischia di prendersi cocenti delusioni.

Attivismo performativo: non è una cosa buona

Quanto danno fastidio i personaggi dell’Internet più o meno famosi che pubblicizzano una causa sociale o politica ma poi di fatto in reale se ne infischiano? Si chiama attivismo performativo e bisogna imparare a riconoscerlo per poter stargli alla larga.


Tra il dire e il fare, c’è di mezzo il male. L’attivismo performativo. Tralasciamo i racconti di fantasia e parliamone.

Attivismo performativo: il male assoluto

Il poeta Pecorucci in preda a una improvvisa crisi di furore ha distrutto gli addobbi floreali del palco durante un reading in Liguria – la Giunta comunale lo ha denunciato per danni al Patrimonio culturale del Paese — Antalgica Poetica

La mamma di Pecorucci interviene a “Italia in diretta” e lo difende: è un poeta che parla ai cuori degl’italiani! Lo zio chiama “UNO mattina” discolpandolo: erano dei fiori orribbiliiiiiiii Un amico di Torfreno vola a Stoccolma per ragguagliare i Membri dell’Accademia e spiegare che s’è trattato di un malinteso, nel tentativo di non compromettere […]

Il poeta Pecorucci in preda a una improvvisa crisi di furore ha distrutto gli addobbi floreali del palco durante un reading in Liguria – la Giunta comunale lo ha denunciato per danni al Patrimonio culturale del Paese — Antalgica Poetica

Felice Sole invitto!

Fin dai tempi antichi, gli eventi astronomici sono stati centrali per l’umanità. In passato determinavano l’accoppiamento degli animali, la semina delle colture e la misurazione delle riserve invernali tra i raccolti. Di conseguenza, sono sorte varie mitologie e tradizioni culturali.

Oggi, 21 dicembre 2021 (esattamente alle 16:58) è il solstizio d’inverno, comunemente noto come il giorno più corto, ma anche come momento in cui la luce diurna smette di decrescere, prima di una inversione di tendenza, ossia dell’inizio di una luce diurna più lunga. È poco sorprendente, quindi, che nella maggior parte delle culture abbia avuto un significato di rinascita, fatto che ha offerto l’occasione per dedicarsi in quei giorni a festeggiamenti, astensione dal lavoro, raduni, rituali o altre celebrazioni.

Prima dell’introduzione del calendario attuale, nel calendario giuliano dal 45 a.C. il solstizio d’inverno d’Europa era il 25 dicembre. Ma già nell’antica Babilonia, la festa del Figlio di Iside (Dea della Natura) veniva celebrata il 25 dicembre. In questo giorno avvenivano feste chiassose, vi era opulenza nel mangiare e bere, e si offrivano regali.

I Romani chiamavano le loro festività invernali Saturnalia, onorando Saturno, il Dio dell’Agricoltura. Le Calende di gennaio rappresentavano il trionfo della vita sulla morte (non ricorda nulla?). Tutta questa stagione è stata chiamata “Dies Natalis Invicti Solis”, ossia, “la nascita del sole invincibile”.

Ma a Roma c’erano molti altri culti, spesso di importazione. Tra questi il mitraismo, una delle principali religioni dell’Impero Romano pre-cristiano. Era il culto di Mitra, l’antico dio persiano della luce e della saggezza. Nell’Avesta (i sacri scritti zoroastriani degli antichi persiani) Mitra appare come il capo yazata (Avestan, “il benefico”), o spirito buono, e sovrano del mondo. Il mitraismo è simile al cristianesimo per molti altri aspetti, ad esempio, negli ideali di umiltà e amore fraterno, il battesimo, il rito della comunione, l’uso dell’acqua santa, il sacerdote era chiamato padre, l’adorazione dei pastori alla nascita di Mitra, l’adozione della domenica e del 25 dicembre (compleanno di Mitra) come giorni santi e la fede nell’immortalità dell’anima, il giudizio finale e la resurrezione. Il mitraismo differiva dal cristianesimo solo nell’esclusione delle donne dalle sue cerimonie e nella sua volontà di scendere a compromessi con il politeismo.

Queste somiglianze resero facile la conversione dei suoi seguaci al cristianesimo. Nel 350, Papa Giulio I dichiarò anche che la nascita di Cristo sarebbe stata celebrata il 25 dicembre. Non c’è dubbio che stava cercando di rendere il più indolore possibile per i romani pagani (che a quel tempo rimanevano la maggioranza) convertirsi al cristianesimo.

Nel 1582 Papa Gregorio XIII cambiò il calendario portando il solstizio d’inverno settentrionale intorno al 21 dicembre, per compensare la differenza tra l’anno solare (365.2500 giorni) e l’anno tropicale (365.2422 giorni). Ma le celebrazioni maggiori sono rimaste il 25 dicembre, offrendoci un magnifico esempio di come un rituale possa sopraffare in importanza la sua ragion d’essere, perdendo anche ogni contatto con la sua origine.

Comunque, qualunque sia il dio che adoriate, chiunque sia il profeta che celebriate, auguro a tutti un anno pieno di sole, che scaldi il cuore e illumini le menti!