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Felice Sole invitto!

Fin dai tempi antichi, gli eventi astronomici sono stati centrali per l’umanità. In passato determinavano l’accoppiamento degli animali, la semina delle colture e la misurazione delle riserve invernali tra i raccolti. Di conseguenza, sono sorte varie mitologie e tradizioni culturali.

Oggi, 21 dicembre 2021 (esattamente alle 16:58) è il solstizio d’inverno, comunemente noto come il giorno più corto, ma anche come momento in cui la luce diurna smette di decrescere, prima di una inversione di tendenza, ossia dell’inizio di una luce diurna più lunga. È poco sorprendente, quindi, che nella maggior parte delle culture abbia avuto un significato di rinascita, fatto che ha offerto l’occasione per dedicarsi in quei giorni a festeggiamenti, astensione dal lavoro, raduni, rituali o altre celebrazioni.

Prima dell’introduzione del calendario attuale, nel calendario giuliano dal 45 a.C. il solstizio d’inverno d’Europa era il 25 dicembre. Ma già nell’antica Babilonia, la festa del Figlio di Iside (Dea della Natura) veniva celebrata il 25 dicembre. In questo giorno avvenivano feste chiassose, vi era opulenza nel mangiare e bere, e si offrivano regali.

I Romani chiamavano le loro festività invernali Saturnalia, onorando Saturno, il Dio dell’Agricoltura. Le Calende di gennaio rappresentavano il trionfo della vita sulla morte (non ricorda nulla?). Tutta questa stagione è stata chiamata “Dies Natalis Invicti Solis”, ossia, “la nascita del sole invincibile”.

Ma a Roma c’erano molti altri culti, spesso di importazione. Tra questi il mitraismo, una delle principali religioni dell’Impero Romano pre-cristiano. Era il culto di Mitra, l’antico dio persiano della luce e della saggezza. Nell’Avesta (i sacri scritti zoroastriani degli antichi persiani) Mitra appare come il capo yazata (Avestan, “il benefico”), o spirito buono, e sovrano del mondo. Il mitraismo è simile al cristianesimo per molti altri aspetti, ad esempio, negli ideali di umiltà e amore fraterno, il battesimo, il rito della comunione, l’uso dell’acqua santa, il sacerdote era chiamato padre, l’adorazione dei pastori alla nascita di Mitra, l’adozione della domenica e del 25 dicembre (compleanno di Mitra) come giorni santi e la fede nell’immortalità dell’anima, il giudizio finale e la resurrezione. Il mitraismo differiva dal cristianesimo solo nell’esclusione delle donne dalle sue cerimonie e nella sua volontà di scendere a compromessi con il politeismo.

Queste somiglianze resero facile la conversione dei suoi seguaci al cristianesimo. Nel 350, Papa Giulio I dichiarò anche che la nascita di Cristo sarebbe stata celebrata il 25 dicembre. Non c’è dubbio che stava cercando di rendere il più indolore possibile per i romani pagani (che a quel tempo rimanevano la maggioranza) convertirsi al cristianesimo.

Nel 1582 Papa Gregorio XIII cambiò il calendario portando il solstizio d’inverno settentrionale intorno al 21 dicembre, per compensare la differenza tra l’anno solare (365.2500 giorni) e l’anno tropicale (365.2422 giorni). Ma le celebrazioni maggiori sono rimaste il 25 dicembre, offrendoci un magnifico esempio di come un rituale possa sopraffare in importanza la sua ragion d’essere, perdendo anche ogni contatto con la sua origine.

Comunque, qualunque sia il dio che adoriate, chiunque sia il profeta che celebriate, auguro a tutti un anno pieno di sole, che scaldi il cuore e illumini le menti!

Un Pasqua differente

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dripAgnello di Dio che alzi il colesterolo del mondo, prega per noi.

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Vi siete mai chiesti per quale motivo Natale è sempre il 25 dicembre, mentre il giorno di Pasqua è variabile? Tutto fu deciso nel 325 dopo Cristo, quando il Concilio Cattolico di Nicea stabilì che la solennità della Pasqua sarebbe stata celebrata nella domenica seguente il primo plenilunio dopo l’equinozio di primavera. Complicato? Più semplice il calendario, no, e poi il metodo per il calcolare il solenne giorno di Pasqua richiede conoscenze antiche e molto tempo e pazienza disponibile: ma è sempre la stessa musica…

“Baba nam kevalam”, ossia “nel nome dell’unico Padre”

Ananda Marga è uno dei tanti movimenti spirituali nati in India nella seconda metà del secolo scorso, e poi diffusosi in tutto il mondo. Italia compresa. Fu fondato da Shri Shri Anandamurti, nome spirituale (o d’arte) di Prabhat Ranjan Sarkar. Si tratta di una organizzazione capillare, gestita da monaci e monache, riconoscibili per le vesti arancioni. Gerarchicamente sotto di loro vi sono degli adepti laici, che si occupano di attirare (adescare?) le persone con l’offerta di corsi di yoga gratuiti. Lezioni che comprendono dei canti che intonano la frase “Baba nam kevalam”, che dagli stessi viene tradotta con il mellifluo “tutto è amore infinito”. Il tutto avviene davanti a una grande foto di Sarkar, compresi veri e propri atti di contrizione e prostrazione.

Andando a cercare su internet, però, viene fuori ben altro. Avvalendosi di un dizionario online di sanscrito1 e altre fonti, la traduzione più immediata è “nel nome dell’unico Padre”, o al massimo “esclusivamente il nome del Maestro”2, frasi che suoneranno familiari a chiunque abbia una formazione cristiana.

Oltre ai corsi di yoga, gli adepti si riuniscono la domenica per delle vere e proprie messe (che loro chiamano Dharma Chakra) dedicate a Prabhat Ranjan Sarkar e ai suoi insegnamenti – come si confà a molte altre religioni – con lettura di passi dei suoi scritti, genuflessioni e atti di prostrazione difronte alla sua immagine, palesemente riverita come o più di quella di Cristo dai cristiani più ferventi.

Qua tradotti alcuni dei mantra che vengono recitati in una non precisata lingua indiana:

Puro, senza macchia, immutabile, senza forma
Sorgente di ogni intuizione
Dalla coscienza sempre beata
Io saluto quel Guru che è Brahma incarnato

Mi inchino al divino Guru, che rivela
a ognuno la divina essenza che
circonda e permea ciò che si muove e
ciò che non si muove.

Mi inchino al divino Guru, che con
l’applicazione dell’unguento della
conoscenza apre gli occhi di colui che
è avvolto dalle teneb
re dell’ignoranza.

Il Guru non è altro che Brahma, il creatore
Il Guru non è altro che Vishnu, il conservatore
Il Guru non è altro che Shiva, il distruttore
Il Guru è in realtà Brahma stesso
Dinanzi a quel divino Guru io mi inchino

Tutto ciò rafforza l’ipotesi che il mantra “Baba nam kevalam” sia proprio rivolto al loro maestro. Che più che ricordato, pare essere venerato e invocato.

Per chiudere, la domanda ancora irrisolta è se i corsi gratuiti di yoga offerti dalla Ananda Marga e dai suoi adepti sono solo uno specchietto per le allodole per un proselitismo religioso (e non più solo spirituale, quindi), o se invece il continuo rivolgersi al loro maestro con canti a mani giunte o rivolte verso il cielo (in entrambi i casi, esattamente come fanno i cristiani quando pregano), balli e inginocchiamenti vari, non sia piuttosto una maniera di chiamarlo e sollecitarlo a tornare tra loro, ossia una vera forma di esoterismo che mira alla evocazione del fantasma del defunto Sarkar, per trasformare le lezioni di yoga in vere e proprie sedute spiritiche.

Appurato ciò, poi ognuno è libero di fare come vuole.

1 https://www.sanskritdictionary.com/

2https://alokjoddha.wordpress.com/2011/10/08/the-secrets-of-a-mantra/

Il cattolicesimo è amore… o no?

Se il dio cattolico è amore, i suoi più ferventi fedeli dovrebbero essere strumento di questo amore… a meno che per “amore” non solo si odi e si disprezzi con tutta l’anima, ma si gioisca per l’altrui dolore

E’ questo che avete imparato da Cristo?

Andate, e fate conoscere il mio Verbo… diffondete al mondo la mia verità sul cattolicesimo…

SIA FATTA LA MIA VOLONTÀ